La scelta di stare con Merkel: senza la linea dura si favoriscono i populisti
europeo, non gli avrebbe mai fatto da sponda contro il rigore dei tedeschi, ha compreso che avrebbe dovuto prendere un’altra strada per ottenere quel risultato.
Ma adesso la vicenda greca rischia di rovinare tutta la sua opera diplomatica. E non solo per questo.
Già, perché se Tsipras ricatta l’Europa in nome di un referendum antieuro e alla fine ottiene qualcosa, Renzi ha perso anche la sua partita politica. E questo significherebbe che i suoi spazi di manovra si restringerebbero ulteriormente. Su questo fronte il ragionamento del presidente del Consiglio, in soldoni è questo, e lo ha fatto a ministri, collaboratori e fedelissimi: «Se in Europa passasse la linea dettata da Tsipras e Varoufakis, per il governo italiano sarebbe la fine. E non solo per quello italiano, perché dovrebbero cominciare a preoccuparsi anche gli spagnoli, tanto per fare un esempio vicino a casa nostra. «A quel punto — è la riflessione che il presidente del Consiglio ha fatto ad alta voce davanti ai fedelissimi, chiuso in una stanza di Palazzo Chigi — qualsiasi forza estremista senza progetto di cambiamento o di governo potrebbe essere avvantaggiata in un duello elettorale. Quindi, «in Spagna vincerebbe Podemos e qui in Italia salirebbero alle stelle le quotazioni di Grillo e Salvini».
È chiaro che in questa fase il premier preferisce non giocare all’attacco, ma, piuttosto, stare in difesa e cercare di capire che cosa succede altrove. «Noi abbiamo una nostra dignità da difendere, ma questa svolta dovrà difenderla tutta l’Europa»
Fin dove si spingerà la minoranza interna del Pd, giacché una fetta di quel partito preferisce invece andar via dal Nazareno e gestirsi in proprio, guardando a Tsipras, è un altro fronte aperto in questo momento per Renzi. Forse il meno preoccupante. Perché le immagini di una Grecia in ginocchio, causa euro (anche se non è così, continua a ripetere il premier), non portano voti alla sinistra del Pd, ma a Grillo e Salvini, per l’appunto, come ha spiegato bene lo stesso Renzi ai fedelissimi e ai parlamentari a lui più vicini.
La partita greca che si gioca nell’italica sinistra non lo preoccupa per niente. Il presidente del Consiglio non fa altro che ricordare alla minoranza interna che vorrebbe partire per la Grecia per dare una mano Tsipras che «sarà un’eterna della Capitale. Nell’università di Marx e Marcuse, Renzi terrà un discorso «alto», intitolato «Ritorno al futuro». Ribadirà che Tspiras sbaglia, ma che la Ue dell’austerity ha fallito, quindi indicherà la sua «terza via». Meno rigore e più crescita. Serve uno scatto, anche sul piano dell’identità: «La ragione del nostro stare insieme non può essere solo la Champions o l’Eurofestival, ma i nostri valori culturali minacciati da una ondata demagogica e populista». Discorso ambizioso, che toccherà anche terrorismo e immigrazione. E guai a pensare che una barriera fisica sia la soluzione, perché quel muro che «comincia per difenderti, finisce per intrappolarti». perdente finché non capirà che occorre sfondare al centro». Esattamente ciò che Renzi ha fatto in Italia. E sta facendo in Europa, dopo aver imparato la lezione di Hollande. Una volta ebbe a dire: «So bene che lui, alla fine della festa, si schiera sempre con la Merkel». E allora perché non batterlo sul tempo e affiancarsi prima lui alla cancelliera tedesca? Prima di perdere quel piccolo ruolo che l’Italia mantiene ancora nello scenario internazionale? Quindi, se non «avanti tutta»con
Gli equilibri La «lezione» di Hollande. Il leader spiega ai suoi: lui alla fine si schiera sempre con la Germania
Merkel, almeno seguirla anche in questa intricatissima vicenda greca. Finché non sarà chiaro a tutti i partner europei che l’Italia, al contrario di altri, le sue riforme, le ha fatte, e ora può negoziare, senza ricatti o referendum stile Tsipras. Perché è questo quello che preme più al premier, che la Grecia non rovini il lavoro che ha fatto in questo anno e più per allentare le maglie della Ue nei confronti del nostro Paese.