Corriere della Sera

La Giordania, la Turchia e il «cuscinetto» da creare in Siria

- di Davide Frattini @dafrattini

Aquattro anni e mezzo da quando un gruppo di ragazzini è stato arrestato e torturato per aver offeso Bashar Assad (foto sopra) con una scritta in rosso sul muro della scuola, dopo oltre 220 mila morti, la città siriana dove tutto è cominciato potrebbe venire protetta dalle incursioni del regime. Circondata dai campi di pomodori, Deraa è nel sud del Paese, a pochi chilometri dal confine con la Giordania. Qui ci sono state le prime manifestaz­ioni pacifiche nel marzo del 2011, insegnanti e impiegati chiedevano riforme, soprattutt­o la liberazion­e dei loro figli, il più giovane undicenne. Adesso il governo giordano — scrive il quotidiano Financial

Times — vuole creare una fascia di sicurezza, un’area lungo la frontiera dove allestire anche campi per i rifugiati in fuga dal conflitto. Più che per slanci umanitari, l’operazione è motivata dalla paura dei miliziani in nero. Il regno hashemita teme che gli uomini dello Stato Islamico prendano il controllo della zona e da lì s’infiltrino verso Amman. È comunque la prima volta che la comunità internazio­nale sembra pronta a penetrare in Siria per proteggere la popolazion­e. Anche i turchi stanno pensando di prendersi con i carrarmati 110 chilometri lungo il confine. L’obiettivo in questo caso è duplice: tenere lontano l’esercito irregolare del Califfo — ieri ha riconquist­ato il valico di Tal Abyad — ed evitare che i curdi arrivino a costruire un loro Stato che passa tra la Siria, l’Iraq e la Turchia. Non è chiaro se gli americani siano disposti a imporre anche una «no-fly zone» sulle fasce cuscinetto, a colpire i jet del regime, adesso che stanno finalizzan­do il negoziato nucleare con gli iraniani sostenitor­i del dittatore siriano. I Paesi confinanti si stanno preparando all’implosione finale di Assad. «Gli resterà meno del 20 per cento del territorio, i libri di storia lo ricorderan­no come il leader che ha perso la Siria. Se gli va bene, sarà il capo dell’Alauistan, un’enclave dove rifugiarsi con il suo clan etnico», predice Amos Gilad, consiglier­e del ministro israeliano della Difesa. «È già finito, manca solo da fissare la data del funerale».

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Il 18 marzo scorso, due terroristi hanno preso d’assalto il Museo archeologi­co del Bardo, a Tunisi, dopo aver tentato invano di attaccare il vicino Parlamento

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