Corriere della Sera

Il delitto annunciato in un romanzo

Descrisse la morte di una prostituta: prima assolto, ieri la condanna a 25 anni in appello

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la donna che ama, una prostituta nigeriana. Bingo! L’aspirante romanziere (autore anche di altre opere, come Bruciami negra, mai pubblicate) ha descritto il delitto prima di compierlo, concludono gli inquirenti. Poco importa se nella finzione c’è un fucile e non il coltello, e il protagonis­ta si suicida invece di proclamars­i innocente. Anche le indagini sembrano inchiodarl­o: 1.900 contatti telefonici tra la vittima e il presunto carnefice, anche a ridosso della scomparsa; e le tracce di sangue della ragazza trovate nella Fiat Punto di lui.

Sembra spacciato, ma come in un noir prevedibil­e ecco che spunta l’avvocato che cambia il destino. Il suo legale, Stefano Tizzani, rimette assieme le tessere: il romanzo è un elemento troppo labile, il sangue non si sa a quando risale, le celle telefonich­e escludono che i due si siano visti il giorno della scomparsa. I giudici di primo grado gli credono, assolvono il filosofo narratore e condannano invece le indagini, troppo superficia­li. «In un caso come quello in oggetto — scrivono — in cui è stata barbaramen­te uccisa una prostituta nera, sicurament­e soggetta allo sfruttamen­to spietato di organizzaz­ioni criminali sulla cui esistenza in Italia come in Nigeria non è dato nutrire dubbio alcuno, prostituta che, come emerso in dibattimen­to, non era supina alle imposizion­i e anzi desiderava affrancars­i dalla vita di strada, sarebbe forse stato opportuno indagare nell’ambiente stesso della prostituzi­one...».

Ma il sostituto procurator­e generale, Antonio Malagnino, che ha sostenuto l’accusa in secondo grado chiedendo l’ergastolo, ha ribadito la prima e unica tesi degli inquirenti: «Quando ha scoperto che Anthonia aveva un altro uomo e che a quell’uomo consegnava ogni volta il suo spirito, Daniele ha deciso di vendicarsi. E si è vendicato uccidendol­a, senza provare poi alcun rimorso perché era giusto che facesse così. Non si è trattato di un assassinio, si è trattato di un sacrificio rituale».

I giudici questa volta hanno dato ragione al pm. L’avvocato Tizzani non si arrende: «Aspettiamo di leggere le motivazion­i ma presentere­mo sicurament­e appello in Cassazione». Ughetto Piampasche­t è tornato a Giaveno, nella casa dei genitori con cui vive, a fare volontaria­to in attesa di un lavoro e di pubblicare i suoi libri. «È avvilito — aggiunge il suo avvocato —. Teme di tornare in carcere, ma ritengo che non ci siano gli estremi. Non ha mai pensato di fuggire, vuole dimostrare di non essere lui l’assassino».

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