Sempre più diseguali e più liquidi E non sarà la politica a salvarci
«Babel», il dialogo tra Zygmunt Bauman ed Ezio Mauro edito da Laterza
«Internet ha cambiato la storia perché sul web tutto è contemporaneo, ha cambiato la geografia perché in rete tutto è ubiquo, ha cambiato l’economia creando società digitali che hanno un valore superiore a quello di imprese secolari, ha cambiato il costume con un’inversione della conoscenza tra noi e i nostri figli». Trasformando anche, «vertiginosamente, la nostra possibilità di essere informati», con un flusso continuo di notizie che si accavallano e «si auto sostituiscono prima di poter produrre un’idea». Tutto questo mentre l’incrocio tra la crisi economica, gli effetti della globalizzazione e dell’automazione dei processi produttivi e l’estrema mobilità del capitale finanziario, produce un’accentuazione delle diseguaglianze che corrode i meccanismi sociali e mette alle corde una politica impotente, che arretra sotto i colpi del neopopulismo.
È un mondo che pare diventato una vera Babele, quello di cui discutono il grande sociologo polacco Zygmunt Bauman e un giornalista dello spessore di Ezio Mauro, direttore da ormai quasi vent’anni di «Repubblica», in un libro intitolato, appunto, Babel, pubblicato di recente da Laterza. Un dialogo ambizioso, che passa da un tema universale all’altro, nel quale i due intellettuali si scambiano analisi e moltissime domande, alle quali ammettono di faticare a trovare risposte. Un dialogo che a tratti appare addirittura sussiegoso, nei tanti riconoscimenti reciproci. In realtà, pur condividendo molti tratti essenziali dell’analisi della crisi che stiamo vivendo, Bauman e Mauro seguono due approcci abbastanza diversi.
Certo, comune a tutti e due è la preoccupazione per lo «scivolare verso un territorio sconosciuto», mentre dubitiamo perfino della democrazia. Ci chiediamo quale sia il valore d’uso di una politica che non è più in grado di incidere sulla nostra vita quotidiana, sempre più confinata al ruolo di puro gestore del monopolio della forza per garantire un po’ d’ordine pubblico. Una «politica ridotta a evento che vive solo nell’immediato» senza più percorsi, mentre il leader diventa un performer.
Ma poi le analisi di Bauman e Mauro divergono quando discutono della trasformazione del cittadino in cittadino-consumatore e di accentuazione delle diseguaglianze, dei cui effetti deleteri, a partire dalla demolizione del ceto medio, si discute da almeno dieci anni. Erede dell’azionismo piemontese, Mauro è preoccupato soprattutto dalla polarizzazione dei redditi, che «sta diventando la cifra di un’epoca, spacca in due la società». Tollerabili finché c’era un’offerta diffusa di opportunità, le diseguaglianze diventano una bomba sociale a orologeria ora che «la democrazia fondata sul lavoro e sui diritti è una porta chiusa» e che «la scala della crescita sociale è stata confiscata».
Ma a Mauro, che sfiora la deriva apocalittica quando arriva a parlare di «fine del progresso, almeno come processo unitario», Bauman oppone un’analisi che non è centrata sulle diseguaglianze né sulla rottura del vincolo tra ricchi e poveri, ma sulla opposizione tra mobilità e fissità: per lui è cruciale il venir meno del rapporto tra capitale e lavoro, figlio della globalizzazione produttiva e finanziaria che ha segnato la fine della «fase solida della modernità capitalista, quella dell’interdipendenza tra datori di lavoro e lavoratori». È il Bauman che ricorre alle sue classiche categorie della modernità «liquida». Un quadro incerto di strutture che si decompongono e ricompongono sulle ceneri di un’era ormai archiviata: quella del capitale
Informazione Occorre contrastare la tendenza spontanea della rete a negare la gerarchia delle notizie
fisso che veniva investito in impianti non trasferibili.
I due convergono, però, nell’analizzare lo spiazzamento della politica e lo sfaldamento dell’opinione pubblica. Cambia il nostro modo di pensare politicamente perché siamo davanti a una decostruzione del contesto. E «in un mondo senza contesto mille informazioni non fanno una conoscenza». Come uscirne? La risposta di Bauman è liquida come la sua visione sociologica: continuare a interrogare gli altri per cambiare se stessi e il mondo. Quella di Mauro è, soprattutto, la risposta pragmatica del giornalista: in un mondo di «solitari interconnessi», nel quale la connessione ha sostituito la partecipazione, la risposta non può essere che quella di continuare a fare un buon giornale, capace di organizzare l’informazione, darle una gerarchia, smontando ed esaminando i fatti. Contrastando la tendenza della rete a far emergere un pensiero preselezionato, che nega la gerarchia delle notizie e la verticalità dell’informazione in nome di un’astratta orizzontalità della comunicazione.