Corriere della Sera

Addio a Paolo Piffarerio, colonna di Carosello

Fumettista e animatore, disegnò Alan Ford e la «Storia d’Italia» di Enzo Biagi

- Di Alessandro Trevisani

Èstato uno degli illustrato­ri della Storia d’Italia a fumetti di Enzo Biagi, per la quale aveva disegnato con passione il periodo napoleonic­o e il Settecento, ma anche uno dei padri nobili di Carosello. Paolo Piffarerio, colonna del fumetto e dell’animazione italiana, si è spento a Milano all’età di 90 anni.

Il suo nome era legato in gran parte ai fumetti di Alan Ford e alla collaboraz­ione con Luciano Secchi, detto Max Bunker: nell’ottobre 1975 raccolse la pesantissi­ma eredità di Roberto Raviola-Magnus e disegnò il mensile per circa 100 numeri, mettendo da parte le chine sporche e il tratteggio virtuoso dei suoi precedenti lavori western El Gringo e Maschera nera, per confeziona­re un segno più stilizzato e asciutto. Nascono così il personaggi­o di Gommaflex — protagonis­ta anche di alcuni fortunati cartoni nel programma tv SuperGulp! — e le contaminaz­ioni col costume e l’attualità italiana, in storie come Renato uno come te non c’è nessuno, Loggia P38 e Portubell.

Ma è lavorando con la Gamma Film di Gino Gavioli che Piffarerio, dal 1959 al 1977, aveva fatto, con Carosello, la storia del nostro costume. Da direttore tecnico e storyboard­ista in centinaia di «caroselli» coinvolse personaggi come Oriella Dorella, il Quartetto Cetra, Gino Cervi, Ilona Staller, Brigitte Bardot, Marcello Marchesi e Mike Bongiorno, mettendo in scena filmati e animazioni per ogni tipo di prodotto, dal Crodino alla carne Montana all’amaro Dom Bairo.

Negli anni Ottanta Piffarerio lascia Alan Ford e si dà unicamente alla storia e alle biografie, come quelle di Verdi e Toscanini. Riduce a fumetti La maschera di ferro e I promessi sposi per «Il Giornalino», periodico delle edizioni Paoline, il cui direttore, Stefano Gorla, lo ricorda così: «Era un innadi morato della storia, e ripeteva: “Meglio disegnare una catacomba che un cellulare”. Profession­ista pacato e sorridente, ironicamen­te si vantava di essere di qualche mese più anziano del nostro giornale».

L’acme stilistico di Paolo Piffarerio resta forse il suo Fouché, dedicato all’inquietant­e personaggi­o della Francia rivoluzion­aria e napoleonic­a, che uscì a puntate nel 1973 sulla rivista «Eureka» dell’editoriale Corno. Qui i panneggi profondiss­imi degli abiti e le fisionomie avvolgenti, quasi grottesche dei suoi personaggi, ritratti come attori sospesi su un palco, sono la cifra di un segno inconfondi­bile fin dagli esordi avvenuti nei primi anni Quaranta, mentre ancora Piffarerio si dedicava agli studi all’accademia di Brera.

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Il frate Cimabue, creato da Piffarerio

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