Addio a Paolo Piffarerio, colonna di Carosello
Fumettista e animatore, disegnò Alan Ford e la «Storia d’Italia» di Enzo Biagi
Èstato uno degli illustratori della Storia d’Italia a fumetti di Enzo Biagi, per la quale aveva disegnato con passione il periodo napoleonico e il Settecento, ma anche uno dei padri nobili di Carosello. Paolo Piffarerio, colonna del fumetto e dell’animazione italiana, si è spento a Milano all’età di 90 anni.
Il suo nome era legato in gran parte ai fumetti di Alan Ford e alla collaborazione con Luciano Secchi, detto Max Bunker: nell’ottobre 1975 raccolse la pesantissima eredità di Roberto Raviola-Magnus e disegnò il mensile per circa 100 numeri, mettendo da parte le chine sporche e il tratteggio virtuoso dei suoi precedenti lavori western El Gringo e Maschera nera, per confezionare un segno più stilizzato e asciutto. Nascono così il personaggio di Gommaflex — protagonista anche di alcuni fortunati cartoni nel programma tv SuperGulp! — e le contaminazioni col costume e l’attualità italiana, in storie come Renato uno come te non c’è nessuno, Loggia P38 e Portubell.
Ma è lavorando con la Gamma Film di Gino Gavioli che Piffarerio, dal 1959 al 1977, aveva fatto, con Carosello, la storia del nostro costume. Da direttore tecnico e storyboardista in centinaia di «caroselli» coinvolse personaggi come Oriella Dorella, il Quartetto Cetra, Gino Cervi, Ilona Staller, Brigitte Bardot, Marcello Marchesi e Mike Bongiorno, mettendo in scena filmati e animazioni per ogni tipo di prodotto, dal Crodino alla carne Montana all’amaro Dom Bairo.
Negli anni Ottanta Piffarerio lascia Alan Ford e si dà unicamente alla storia e alle biografie, come quelle di Verdi e Toscanini. Riduce a fumetti La maschera di ferro e I promessi sposi per «Il Giornalino», periodico delle edizioni Paoline, il cui direttore, Stefano Gorla, lo ricorda così: «Era un innadi morato della storia, e ripeteva: “Meglio disegnare una catacomba che un cellulare”. Professionista pacato e sorridente, ironicamente si vantava di essere di qualche mese più anziano del nostro giornale».
L’acme stilistico di Paolo Piffarerio resta forse il suo Fouché, dedicato all’inquietante personaggio della Francia rivoluzionaria e napoleonica, che uscì a puntate nel 1973 sulla rivista «Eureka» dell’editoriale Corno. Qui i panneggi profondissimi degli abiti e le fisionomie avvolgenti, quasi grottesche dei suoi personaggi, ritratti come attori sospesi su un palco, sono la cifra di un segno inconfondibile fin dagli esordi avvenuti nei primi anni Quaranta, mentre ancora Piffarerio si dedicava agli studi all’accademia di Brera.