Corriere della Sera

«Racconto la fine del mondo di Faletti»

Fausto Brizzi porta in scena il sogno incompiuto dello scrittore: sette monologhi e nove canzoni

- Laura Zangarini

Sette monologhi e nove canzoni per raccontare la fine del mondo. L’ultimo

giorno di sole è il sogno incompiuto di Giorgio Faletti, un romanzo scritto per il teatro che l’attore, comico, cantante, paroliere, scrittore — e, se un male incurabile non se lo fosse portato via a 63 anni, anche regista — voleva portare in scena. Il testimone lo ha raccolto Fausto Brizzi, che di Faletti conserva, oltre a un autografo («ci tengo moltissimo») firmatogli durante una registrazi­one di «Drive In», i mille ricordi di una lunga amicizia, spezzata il 4 luglio 2014. A un anno esatto dalla scomparsa dell’artista, il Teatro Alfieri di Asti, città natale di Faletti, ospiterà all’interno della rassegna AstiMusica il debutto dello spettacolo.

«Giorgio faceva tutto meglio di me: scrivere, cantare, guidare, cucinare, recitare. Ma non me lo ha mai fatto pesare — esordisce Brizzi —. Con L’ultimo giorno di sole progettava di fare il regista. Temo che mi avrebbe surclassat­o anche in questo». Nel prendere in mano il progetto dell’amico Giorgio, dice, «sono tanti i bei ricordi legati a lui». A partire, racconta, da quell’autografo che gli firmò negli studi della Dear di Roma dove, in divisa da guardia giurata, Vito Catozzo, il suo personaggi­o forse più famoso, imprecava: «Porch’il mond’ che c’ho sott’i piedi!».

«Vent’anni dopo lo chiamai per proporgli il ruolo del professore soprannomi­nato “la carogna” dagli studenti di Notte

prima degli esami ». Perché pensò a lui? «Cercavo qualcuno che potesse interpreta­re bene il personaggi­o. In quel periodo il suo viso era esposto nelle vetrine di ogni libreria, aveva pubblicato il suo secondo romanzo, Niente di vero tranne gli occhi. Quando lo vidi pensai: ecco chi può farlo! E poi: come lo convinco? Era il mio primo film, in parte parla di me — quegli esami, disastrosi, sono i miei della maturità —. Perché mai uno scrittore di successo avrebbe dovuto tornare a fare l’attore per un regista esordiente?». Cosa sciolse le sue riserve? «Cominciai col raccontarg­li di quel nostro incontro di 20 anni prima: non ricordava nulla. Mi interruppe; disse: “Mandami il copione, se mi piace okay. Viceversa puoi raccontarm­i qualsiasi cosa: non lo farò mai”».

Ricorda ancora Brizzi: «Con i ragazzi del cast mi invitò a casa sua all’isola d’Elba, dove all’epoca viveva». Ride: «Dovevamo fare le prove: dedicò metà del tempo ad andare in barca». Da lì, prosegue, «cominciò il nostro viaggio insieme, che approda allo spettacolo di Asti. Nulla cementa un’amicizia più di un successo. Per me Giorgio è stato come un fratello maggiore».

L’ultimo giorno di sole parla di fine del mondo, di un’eternità che non deve far paura. Eppure la malattia non era ancora all’orizzonte. «In qualche modo tutti i libri di Giorgio parlano di morte anche se in modo più noir che filosofico rispetto al progetto che porterò in scena. Era un tema ricorrente nei suoi pensieri. In ogni caso — aggiunge — lo spettacolo, una sorta di teatro canzone alla Gaber, racconta il viaggio di una donna attraverso una città abbandonat­a per una catastrofe imminente, e non è affatto triste». Anche la protagonis­ta, Chiara Buratti, è un’eredità? «Si, è per lei che Giorgio ha scritto il testo. L’aveva vista recitare, ne era entusiasta. Nell’accettare il testimone, lei era una delle mie inquietudi­ni. Mi sono chiesto: sarà brava?». E... «È un animale da palcosceni­co, Giorgio non poteva scegliere meglio la sua “voce” femminile”». Al piano c’è un altro talento, Giulia Mazzoni. «Giulia ha sostituito Andrea Mirò, che ha curato gli arrangiame­nti; per altri impegni non poteva essere in scena».

Il giorno dopo il debutto, in piazza ad Asti, ci saranno tutti gli amici di Giorgio, da Luciana Littizzett­o a Teo Teocoli, Omar Pedrini, Enrico Ruggeri, Enzo Iacchetti. Consegnera­nno il Premio Faletti a cinque esordienti che si sono distinti negli ambiti che Faletti amava: cinema, letteratur­a, musica, comicità e sport. Oggi che non c’è più, rimpiange qualcosa? «Di non averlo potuto abbracciar­e prima che morisse. Ma l’ultima volta che ci siamo sentiti al telefono, lui era negli Usa per curarsi, mi fece molto ridere: l’ironia era più forte della malattia. Gli dissi: “Il 19 luglio mi sposo, puoi arrivare anche all’ultimo momento, il posto a tavola per te e Roberta (Bellesini, la moglie, ndr) c’è”. Mi rispose “Guarda, ti prometto che se non muoio vengo”».

Con questo spettacolo voleva cimentarsi come regista Lo avrebbe fatto meglio di me, come gli accadeva già per tutto il resto

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy