In carcere lezione di legalità tra i segreti dei computer
A Bollate i corsi per detenuti. Poi impegnati nella security
«Il computer? La maggior parte dei detenuti quando entrano in aula confessano che loro, i computer, li hanno rubati, altro che programmarli. Qualcuno, pochi, al massimo ci ha giocato». Lorenzo Lento, un volontario, li aiuta a trovare una strada, e talvolta un futuro, nel mondo dell’Ict. «Insegno loro a interagire con la macchina e poi anche a installare e gestire un server...adesso stiamo creando una cloud nel nostro laboratorio — racconta al Corriere —. La storia che hanno alle spalle va dagli omicidi alle rapine finite nel sangue, al traffico di droga, fino alle truffe con le carte di credito». Già, nessuno scrupolo di formare dei potenziali hacker? «Infatti, l’insegnamento del coding viene dopo l’insegnamento della legalità, a vivere secondo i codici della società e non quelli della strada: lo dico subito ai detenuti quando arrivano: “Qui si fanno a turno le pulizie una volta la settimana, si aiuta il compagno di banco e si lavora assieme”. Poi, metto subito in chiaro che non si installano copie piratate dei programmi. Solo a quel punto inizio a insegnare a interagire con il computer. E i ragazzi capiscono. Alcuni sono diventati dei professionisti molto qualificati». Per esempio? «Due ragazzi che ho impiegato in una piccola Onlus che ho creato: un italiano, trent’anni, solo la terza media come diploma d’istruzione, diventato così esperto da superare i test della CCNA Security. Risultato, di giorno lavora in una multinazionale dove segue la sicurezza informatica, per tutta l’area europea. Poi, ogni sera, rientra in carcere. Un percorso simile a quello che fa un compagno di carcere, 34-35 anni, nordafricano, che si occupa della security in un’azienda italiana. Credo che in nessun carcere al mondo siano mai stati formati, a livelli così alti, dei detenuti».
Lento da quindici anni lavora con i detenuti del penitenziario di Bollate. Un lavoro di formazione reso possibile da Cisco attraverso il suo Networking Academy Program, l’iniziativa per ridurre il gap tra domanda e offerta di posti di lavoro nel settore It. «Le Networking Academy offrono a tutti l’opportunità di formarsi su competenze che sono sempre molto richieste nel mondo del lavoro — spiega Luca Lepore, Csr Program Manager —. Questo è ancora più importante per chi deve affrontare un percorso di reinserimento. E sapere poi che tra le persone che hanno frequentato i nostri corsi mentre si trovavano in carcere la percentuale di recidiva è pari a zero, è per noi fonte di grande soddisfazione e ci spinge a lavorare per diffondere il più possibile questa opportunità». Ad oggi, sono più di 10.000 le Networking Academy nel mondo con oltre 1 milione di studenti che frequentano corsi in 162 Paesi. In Italia, ce ne sono quasi 300. Appunto, come quella del carcere di Bollate (o di Castrovillari, in provincia di Cosenza). «Ma non è facile — aggiunge Lento — . Basti pensare alla complessità di far interagire dei detenuti con il web: firmo, sotto la mia responsabilità, per le connessioni web...siamo riusciti anche a far laureare dei detenuti, senza che uscissero dal carcere». Come? «Creando delle VPN filtrate sulle quali i detenuti dialogano con i docenti universitari, studiano, si laureano. Adesso stiamo lavorando per estendere l’esperienza ai detenuti del carcere di Opera».
Quale età hanno i detenuti che cercano una via di riscatto, attraverso l’informatica? «Dai 20 ai 65-70 anni, adesso si è appena iscritto un omicida settantenne...e in genere occorrono due-tre anni di corso per creare una vera competenza professionale, che poi è anche esperienza culturale». Una scommessa, sul futuro. A ogni età.
Il volontario Lorenzo Lento: «Metto subito in chiaro che qui è vietato piratare». E i più esperti di giorno escono per lavorare nelle grandi aziende