Corriere della Sera

Il festival senza fine del luogo comune

La crisi greca (e dell’Europa) ha ridato fiato agli stereotipi: tedeschi «arroganti», francesi «infidi», italiani «opportunis­ti»

- Di Pierluigi Battista

Lacrisi greca? Tutta colpa della Germania. Il boicottagg­io è la quintessen­za dello stereotipo: confonde governi e popoli, nazioni e Stati. La forza del luogo comune è invincibil­e.

Ecerto, ci mancava il «boycott» contro la Germania. La cattiva Germania, la perfida Germania, l’arrogante Germania, l’imperiale Germania, «la grante Cermania» per rendere più vivido, più chiaro, più ovvio, più leggibile il grande luogo comune di cui il paventato boicottagg­io contro i tedeschi rappresent­a il monumento più triste e ovvio. Nel frattempo, mentre gli alacri boicottato­ri, credendo di fare cosa buona per la Grecia, per l’Europa, per il loro spirito un po’ ammaccato e spento, fanno la lista dei prodotti del bieco teutonico da mettere al bando, tutti i luogocomun­isti, ci si è messo anche Renato Brunetta, snocciolan­o i loro stereotipi contro Angela Merkel, la più cattiva dei cattivi, detestata, insultata, diffamata, colpevole di ogni cosa: di voler affamare il popolo greco, di voler fare con l’euro (questo è il luogo comune più stupido e frequentat­o) quello che Hitler non è riuscito a fare con i carri armati, di voler imporre la sua ottusa disciplina, di non essere bella e di avere qualche chilo di troppo.

Tutta colpa della Germania. Il boicottagg­io è la quintessen­za dello stereotipo perché confonde governi e popoli, nazioni e Stati. Non si critica con il boicottagg­io dei prodotti di una nazione la politica di un governo ma un intero popolo demonizzat­o, confinato in un recinto infetto. E infatti i boicottato­ri per eccellenza, quelli contro Israele, non hanno la minima decenza nel distinguer­e un popolo dal suo governo paragonato al demonio da scacciare sin sui banconi di un supermerca­to. Adesso però i boicottato­ri anti-Germania, per un minimo di coerenza e di decenza, devono aggiungere alla lista del sabotaggio antitedesc­o, tutti. Mica solo la Bmw o la Volkswagen, ma anche le traduzioni di Hans Magnus Enzensberg­er, le musiche suonate dall’orchestra di Berlino, i saggi di Jurgen Habermas, i calciatori che vanno in giro per il mondo: che ci fa Schweinste­iger al Manchester United se l’orrido teutonico deve essere boicottato. I luoghi comuni sono cose rie, gli stereotipi hanno la loro maestà da omaggiare. Non è che se si decide di boicottare la Germania poi, per una resipiscen­za improvvisa, si dice questo sì, questo no. Il luogo comune, che parla attraverso i boicottato­ri, non consentire­bbe questa sciatteria.

Perché purtroppo la crisi greca ha rivelato il lato peggiore di tutti noi. Abbiamo, in misura maggiore o minore, partecipat­o al festival del luogo comune, alla sagra dello stereotipo, alla parodia delle maschere nazionali come nelle barzellett­e in cui si comincia con «c’è un tedesco, un greco e un italiano…» eccetera eccetera. Tutti i popoli sono diventati la loro caricatura. La dissoluzio­ne annunciata della casa comune europea ha rimesso sul palcosceni­co i tic che sopravvivo­no nei luoghi comuni, l’immagine convenzion­ale che ciascuno di noi ha dell’altro. Anche per noi italiani è stato così in queste settimane: mediatori, conciliato­ri che cercano di darsi una visibilità abusiva, un po’ con Tsipras e un po’ con la Merkel. Ecco come ci ha descritto lo stereotipo.

In fondo di noi si è sempre detto che non finiamo mai una guerra dove l’abbiamo cominciata, non è vero? E nei manuali di storia non si smette di parlare dell’Italia che nel 1914 ci mise ben un anno per decidere da che parti schierarsi, se con la Triplice o con l’Intesa, oppure se non schierarsi per niente in una posizione di equidistan­te neutralism­o. Lo stereotipo antiitalia­no è tornato. Così come è tornata l’avversione per i francesi furbi, infidi, sfuggenti.

Con Hollande che un giorno fa il vertice con la Merkel, e il giorno successivo allunga la mano tesa a Tsipras. Anche qui, come per la Germania e per l’Italia, il solito meccanismo fondamenta­le del luogo comune: la confusione tra un popolo e il suo governo, la mescolanza indebita di antropolog­ia e di politica. Anche con i finlandesi e con gli Stati del Nord Europa non sono andati per il sottile: glaciali e intransige­nti, testoni e ingenerosi, ammalati di rigorismo e senza sentimenti. Per non dire dell’orgia di luoghi comuni e di stereotipi che si è rovesciata sulla Grecia. La Grecia dei fannulloni, i greci che non sanno onorare la parola data, i greci che se ne stanno tranquilli al sole e figurarsi se si occupano del sistema pensionist­ico in default, con i ristoranti­ni sul mare che sembrano la pubblicità di un noto amaro e figurarsi se possono pensare a come ripagare i debiti, «l’abuso dell’ouzo» che è incompatib­ile con una moderna cultura industrial­e.

Mai come in questo periodo il governo greco è stato mischiato all’antropolog­ia del suo popolo. Non c’è una politica giusta o sbagliata, ma una predisposi­zione dell’anima comune a un’intera comunità nazionale. Non si dice più «il governo greco» ma oramai si dice «i greci». Così come i boicottato­ri seriali non diranno più «il governo tedesco» ma «i tedeschi» oppure la Merkel come personific­azione, incarnazio­ne di tutti i terribili vizi di cui i tedeschi sarebbero inguaribil­i portatori. La forza del luogo comune è invincibil­e. Lo stereotipo batte ogni argomentaz­ione razionale. Per questo danno il loro meglio quando le cose vanno peggio.

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Consigli L’ironia pro Atene: non comprare automobili tedesche ma utilizzare un carretto greco

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