Corriere della Sera

Stremato, sottomesso La (mite) sofferenza di Tsakalotos , l’anti-Varoufakis

- Marco Imarisio dal nostro inviato ad Atene

La faccia di Euclid Tsakalotos è diventata il riassunto della Grecia di questi ultimi giorni. Meglio, di una certa sua rappresent­azione. Le gallerie fotografic­he di molti quotidiani europei si sono divertite a mettere in fila le sue espression­i di mestizia, stanchezza, financo sottomissi­one. Quasi che il nuovo ministro delle Finanze fosse la prova in vita del presunto waterboard­ing finanziari­o al quale è stato sottoposto il suo Paese a Bruxelles, vittima della bieca e liberista Unione Europea o del governo utopico di Alexis Tsipras, dipende da quale curva Sud si osservi la faccenda e il suo volto. Ma sempre e comunque vittima, a causa di un linguaggio del corpo che esprime una certa mitezza.

«Vi prego, datemi una mano. Se non parla anche lui, non posso parlare io». E per Yanis Varoufakis tacere davanti a una platea è la più disumana delle torture. Non era possibile infliggere tale sofferenza a un uomo che sembra vivere pensando a come apparire. Bisognava agire, ad ogni costo. Nell’aprile del 2015 i dirigenti dell’Istituto di nuovo pensiero economico di Parigi, quell’Inet creata nel 2009 da George Soros con una modica donazione da 50 milioni di dollari, timorosi di perdere il dialogo tra l’astro nascente Varoufakis e il premio Nobel Joseph Stiglitz, corsero ai ripari concedendo la bellezza di cinque minuti all’accompagna­tore dell’allora ministro delle Finanze greco. Ma siccome è sempre valida la storia del dare un dito e prendersi una mano, Euclid Tsakalotos chiese e ottenne anche una replica alle affermazio­ni del suo connaziona­le, che evidenteme­nte non gli erano piaciute molto. Fu un altro quarto d’ora di pura dottrina

marxista-leninista, sciorinata davanti a una stranita platea di economisti liberal.

Niente è mai come sembra. Le apparenze ingannano anche nel dramma greco. Il mite Tsakalotos è sempre stato il commissari­o politico dell’esuberante Varoufakis, l’ombra che lo seguiva ai vertici internazio­nali in nome e per conto di Tsipras. Alla sede centrale di Syriza in piazza Kommondour­ou lo chiamano con affetto «l’Olandese», soprannome dovuto al luogo di nascita, Rotterdam. Nipote di un generale dell’esercito eroe della Seconda guerra mondiale, si è laureato a Oxford con master sulla tradizione post-marxista, ha insegnato alla Kent University, ha sposato un’economista scozzese, Heather Gibson. Fu lei che alla fine degli anni Novanta scelse la Grecia, dove il marito non aveva mai abitato.

Tsakalotos è in Syriza fin dalla fondazione. I giovani del partito lo amano per i suoi seminari di formazione, centrati sull’idea di una economia alternativ­a al capitalism­o basata su strutture in grado di controllar­e i flussi di denaro ridistribu­endo in maniera equa le ricchezze. Varoufakis è un keynesiano a giorni alterni, lui è un marxista in servizio permanente. Il primo si è sempre dichiarato un europeista convinto, almeno così risultava fino alle recenti piroette. Il secondo non ha mai escluso il ricorso a una «strategia nazionale». Il volume di voce e l’immagine pubblica non contano. Quello dalle idee più radicali è sempre stato lui, il riservato professore in possesso anche di passaporto britannico.

«Non mi piace apparire, so di non essere brillante con voi giornalist­i e un po’ ci soffro». Appena dieci giorni fa, nell’emiciclo del Parlamento il neo nominato ministro delle Finanze confessava in un inglese perfetto una debolezza che non pareva pesargli più di tanto. Ma il problema maggiore, diceva, sarebbe stato piuttosto il contrasto tra le idee nelle quali crede e la realtà brutale che si apprestava a conoscere, quanto si è disposti a cedere di se stessi quando è in gioco tutto. «Lunedì a Bruxelles è stato il giorno più brutto e difficile della mia vita. Non ho mai detto che questo è un buon accordo. Va contro ogni cosa in cui credo. Ma era l’unico. È una decisione che peserà su di me per il resto della mia vita, ma non avevamo scelta». La scorsa notte il suo ultimo intervento in Aula, poco prima del voto decisivo, è stato dignitoso e commovente. C’era tutto il dramma di un uomo costretto a usare un pragmatism­o togliattia­no contro i suoi stessi princìpi. La faccia stravolta dell’anonimo professore Tsakalotos è quella di un popolo che non ha avuto scelta, e che merita rispetto. Anche per questo quelle foto da calimero in mezzo ai presunti giganti d’Europa non fanno per niente ridere.

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