Mattarella critico sull’austerity «Così la Ue rischia di soffocare»
Ai 50 anni del traforo del Monte Bianco: l’Europa è un ideale, divisa è più debole
«Se si è avari di investimenti strategici facendo prevalere l’interpretazione più restrittiva dell’austerity economica, alla nostra Europa mancherà il respiro. Non dobbiamo mai dimenticare che l’Europa unita è un ideale, e non soltanto uno spazio dove far competere interessi diversi, spingendoli talvolta fino al punto di creare fratture e gravi diseguaglianze sociali. L’Europa divisa sarà più debole, perché i conflitti ci fanno ripiegare su noi stessi».
Non crede a chi ragiona pretendendo che le regole finanziarie e la filosofia economicista siano l’unico collante in grado di tenere insieme l’Unione europea, Sergio Mattarella. Perciò chiede alle istituzioni di Bruxelles che si cambi rotta, e presto, lanciando un allarme giocato su un paio di metafore.
La prima, leggibile quasi in chiave di diagnosi psichica, è sottintesa in quel cenno al «respiro che manca» e richiama certi effetti classificati dalla letteratura medica fra gli «attacchi di panico» così come li si può percepire nei reportage che raccontano le ansie dello stressatissimo popolo greco.
La seconda metafora è invece esplicita, e si lega ai cinquant’anni dall’inaugurazione del traforo del Monte Bianco, un’opera che «conteneva in sé, sin dal momento in cui è stata pensata, un’idea innovativa di relazioni tra i popoli, di mobilità, di libertà... Un esempio di realizzazione concreta degli obiettivi alla base del Trattato di Roma». Era, sì, un tunnel autostradale tra l’Italia e la Francia. Ma, se ci si sottrae a una lettura minimalista, riassumeva soprattutto — insiste il presidente della Repubblica — l’espressione, in nuce, di una cultura europea». Cioè «una sfida economica, legata al trasporto e al commercio, che conteneva però una visione».
Ecco il pretesto per l’ultima sortita del Quirinale sulle tensioni che scuotono l’Ue: un anniversario cui accreditare un grande valore simbolico. Una ricorrenza che ci riporta a figure di grandi europeisti come De Gaulle e Saragat e attraverso la quale il capo dello Stato vuole ricordare (e far ricordare) che quell’infrastruttura è stata appunto, e più di molte altre, «un ponte che ha favorito il passaggio dall’Europa divisa e martoriata dalle guerre all’Europa della pace e della costruzione comunitaria... un ponte che ha collegato il Mediterraneo all’Europa del centro e del nord». Proprio da allora, aggiunge, «i confini tra Nazioni vicine sono diventati più sottili» e la stessa «idea di una responsabilità europea comune nel mondo si è fatta più forte».
Ovvio che, associando questi significati alla celebrazione del traforo, il pensiero di Mattarella vada «alle difficoltà attuali dell’edificio europeo e alla crisi di credibilità che lo affligge». E fatale è che pure lui si unisca all’ormai vasto coro di censure espresse da quanti additano alle più forti leadership dell’Unione la colpa nel drammatico avvitamento attuale. Non è però scontato il tono dei suoi colpi di frusta per segnalare gli «evidenti affanni di progettualità e volontà politica, generati da miopi percezioni di interessi nazionali, dall’incapacità di cogliere la meta e la responsabilità comune del nostro continente».
Giudizi aspri e senza illusioni, almeno per quanto si è visto finora. Coerenti con la concezione geopolitica che ha ispirato la diplomazia del Colle nei mesi scorsi, con missioni diplomatiche tra Berlino, Bruxelles, Parigi, Londra, Tunisi e i Paesi Balcanici. I principi che il presidente ha rammentato in ognuna di queste capitali restano sempre gli stessi. Servono, sì, garanzie sulla pace, sulla sicurezza, sui diritti umani. Ma, accanto a un’Unione che deve rigenerarsi e consolidarsi nelle proprie istituzioni, serve soprattutto una rinnovata attenzione verso i cittadini. Che non possono essere schiacciati da un’idea d’Europa intesa solo come uno spazio economico. Specie se a volte rischia di rivelarsi ottusamente arcigno e incapace di solidarietà.
La critica «L’Unione è in difficoltà a causa di miopi percezioni degli interessi nazionali»