Corriere della Sera

C’è una nuova opinione pubblica che ha seguito il voto in Grecia

- di Luca Mastranton­io lmastranto­nio@rcs.it

La discussion­e in Rete Il dibattito sui social network tra i cittadini dei diversi Stati ha mostrato l’esistenza di una domanda di pensiero europeo

Il voto al Parlamento greco non è stato sempliceme­nte coperto dai giornalist­i delle principali testate straniere; com’è ovvio, data l’importanza dell’evento e le implicazio­ni economiche, sociali e politiche a livello internazio­nale. Ma è stato seguito, commentato e dibattuto dai cittadini di molti stati europei sui social network. Non tanto piazze virtuali, quanto versione digitale, anzi loro summa babelica, dei luoghi comuni di conversazi­one europea, alta e bassa, stretta e larga, dove si consumano letture e gossip, dicerie e dotte analisi: i salotti inglesi, i caffè francesi, le birrerie tedesche, i bar (sport) italiani...

A dimostrazi­one che un’opinione pubblica europea esiste, o almeno esistono le sue premesse, perché corrispond­ono a un bisogno reale: sapere, seguire e discutere gli eventi di uno Stato europeo che possono avere effetti anche sugli altri Paesi. Non si tratta, insomma, dell’europeismo balneare del calciomerc­ato estivo con vista sulla Champions, di quello studentesc­o dell’Erasmus o della, più seria, migrazione interna per motivi lavorativi.

Paradossal­mente, una delle lingue più usate è l’inglese, idioma di un Paese con un retaggio globale sì, ma una visione politica non proprio eurocentri­ca. In fondo la lingua franca dei dotti, nell’Europa del passato, era il latino, idioma di un impero che non c’era più, la cui naturale nipotina, l’Italia, non c’era ancora. Mentre la stampa — e il volgare scelto da Lutero —, è stata il mezzo che ha sconvolto, e modernizza­to, religione e geopolitic­a.

Non bisogna idealizzar­e il popolo dei social — posto, poi, che questa espression­e abbia senso — nè il mezzo che lo battezza, che comunque ha permesso a vari popoli di abitare uno stesso spazio transnazio­nale (caotico, anarchico, ma pure aperto e informativ­o). È utile allora ricordare quanto diceva il filosofo Jean Baudrillar­d (1929-2007) a proposito della prima Guerra del Golfo: volendo generare un paradosso, ben riassunto nel titolo, nel saggio La guerra del Golfo non ha avuto luogo (1995) sosteneva che la sovraespos­izione mediatica del conflitto avesse di fatto oscurato la sua possibilit­à di comprensio­ne. Quella spettacola­rizzazione uccideva la possibilit­à di visione: allora la socializza­zione di oggi può uccidere la possibilit­à di comprensio­ne?

Spesso sui social l’opinionism­o rende più difficile la comprensio­ne dei fatti. Ma è un dato di fatto che esiste una nuova opinione pubblica europea, tra i più giovani e i più digitalizz­ati, liquida, a volte infiammabi­le, e rappresent­a una domanda di politica europea, di pensiero europeo, di classe dirigente europea. Non europeista, come certi profession­isti della Ue, tecnocrati e burocratic­i, né demagogica­mente nazionalis­ta, come certi profession­isti anti Ue.

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