Intercettazioni La reazione (agitata) della politica
Siamo diventati così assuefatti all’uso delle intercettazioni nella lotta politica che cominciamo a non distinguere più neanche da dove vengono, se sono «ufficiali», se provengono cioè da atti pubblici, se sono «ufficiose», se cioè sono sì agli atti ma non rilevanti penalmente e dunque da considerare riservate, o se non risultano nemmeno agli atti giudiziari, e sono magari il prodotto di risulta di un’inchiesta in cui non hanno trovato spazio.
Nel giro di pochi giorni abbiamo visto esplodere due casi del genere, che riguardano politici di primo piano, e per molti aspetti ancora da chiarire. Il presidente del Consiglio Renzi è stato ascoltato mentre, non ancora premier, discuteva con un generale della Finanza su che fare con il governo allora in carica, se rimpastarlo o buttarlo giù. Il presidente della Regione Sicilia Crocetta è stato invece accusato di aver ascoltato — solo ascoltato — un indagato mentre al telefono con lui pronunciava frasi infamanti contro l’assessore Borsellino, provocando una generale richiesta di dimissioni. Nel primo caso, il contenuto della conversazione è stato definito «fantasy» dal ministro Boschi nell’aula di Montecitorio. Nel secondo caso la telefonata stessa è stata definita non esistente agli atti dalla Procura di Palermo. Sia Il Fatto, che ha pubblicato le intercettazioni di Renzi, sia l’Espresso, che ha pubblicato quelle attribuite a Crocetta, confermano la legittimità della pubblicazione e la veridicità delle rivelazioni, ed è chiaro che, sulla base delle leggi vigenti, i giornalisti che vengono a conoscenza di ciò che ritengono essere una notizia hanno il dovere, oltre che il diritto, di pubblicarla.
È però preoccupante che le parole pronunciate in conversazioni private, talvolta senza alcuna attinenza all’oggetto dell’indagine, possano essere usate nella lotta politica, inducendo un clima di tensione e di sospetto su manine e manone, al punto che Crocetta ha parlato apertamente ieri di un «dossieraggio» contro di lui. La politica italiana ha già abbastanza motivi reali e gravissimi per essere scossa dalle indagini della magistratura, che costantemente ne rivelano il malaffare. Dovrebbe mostrare nervi più saldi almeno fin quando i fatti non siano stati chiariti.