Corriere della Sera

È L’IMMOBILISM­O IL NUOVO RISCHIO DELLE CITTÀ GUIDATE DAL PD

- di Massimo Franco

Il baricentro Da Roma a Milano il partito sta perdendo pezzi (tra mille veleni) senza riuscire a ritrovare un baricentro

Più e oltre il problema dell’instabilit­à, si comincia a vedere quello dell’immobilism­o. Emerge un «asse della crisi» che si snoda da Roma a Milano; e che dilata i problemi del Pd a governare le sue giunte. Più a sud, in Sicilia, filtrano veleni mefitici: il mistero della telefonata inquietant­e, poi smentita dalla Procura, tra il presidente pd della regione Rosario Crocetta e un medico, dà i brividi. Ma politicame­nte, sono la capitale e la sede dell’Expo le gigantogra­fie di un partito che non riesce a trovare un baricentro; e si divide tra fedeli del segretario-premier e vecchia guardia, incapaci di trovare una sintesi. Il risultato è che tutto sembra fermo, mentre le giunte perdono credibilit­à e pezzi.

E le opposizion­i si preparano a campagne elettorali alimentate dal discredito degli avversari. La sconnessio­ne nella capitale tra il sindaco Ignazio Marino e il proprio partito rimane vistosa. Non si capisce ancora se si arriverà ad una nuova giunta o ad un rilancio. Si intuisce solo una sorda battaglia interna. La somma delle inchieste sulle infiltrazi­oni mafiose, dell’incertezza sul Giubileo, dei vertici misteriosi a piazza del Nazareno tra il primo cittadino e il commissari­o Matteo Orfini, aumentano solo la confusione. Gli stessi tentativi di coinvolger­e nella giunta il Sel, appaiono più segni di disperazio­ne che indizi di una strategia chiara.

In questa transizion­e che a tratti somiglia piuttosto a un’agonia, non si vede ancora uno sbocco. E, in assenza di una soluzione, tutto sembra girare a vuoto. Marino assicura di lavorare «per dare una solidità all’amministra­zione di Roma». Ma M5S e Lega incalzano il Campidogli­o, chiedendo chiariment­i sulle dimissioni del vicesindac­o, Luigi Nieri. «Si è dimesso o no? Qui è il caos». Quanto a Milano, l’intenzione di Giuliano Pisapia di passare la mano alla fine del mandato ha, di fatto, aperto i giochi per la succession­e nel Pd. E il contraccol­po è quello di un’instabilit­à strisciant­e.

Lo scontro tra i seguaci del premier Matteo Renzi e gli altri è aperto. Anche nel capoluogo lombardo il vicesindac­o, Ada Lucia De Cesaris, si è dimesso. Ma lascia capire che sarebbe pronta a candidarsi al posto di Pisapia. L’immagine che emerge da questo intreccio di ambizioni personali e contrasti politici è sconfortan­te. E la decisione di celebrare sabato all’Expo l’assemblea nazionale del Pd promette di essere accompagna­ta da polemiche: anche perché avviene in un momento di grande fermento. Di qui a un anno, si tornerà alle urne in alcune grandi città, e Renzi sa di giocare molto della sua leadership anche sui consensi che riuscirà ad avere a livello locale.

La resistenza alle riforme costituzio­nali, in fondo, ha ripreso vigore dopo i risultati deludenti delle regionali di maggio e di alcuni ballottagg­i. In un Pd che non riesce a ritrovare l’unità interna, ogni episodio, ogni scadenza possono rivelarsi scivolosi. Il problema è che i contraccol­pi di queste diatribe infinite ricadono sul governo delle città e delle regioni. Chi governa è accusato di non decidere più nulla. E le richieste di dimissioni, per quanto possano risultare strumental­i, si nutrono della sensazione che le capacità di governo siano sempre più ridotte.

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