Berlusconi: se mi arrestano, fate la rivoluzione
L’invito agli amministratori di FI del leader, che illustra il suo «progetto pazzo» per tornare a vincere: dal no ai processi politici all’assegno di emergenza per le casalinghe. E 20 «saggi» per formare il governo
«Se mi arrestano, spero che abbiate il coraggio di fare una rivoluzione». Dice di se stesso che, in fondo, a «fregarlo» è sempre «il senso di responsabilità». Altrimenti, è il sottotesto, «per me sarebbe più facile andare da un’altra parte». E quando in platea diventa chiaro il riferimento ai processi in corso e forse futuri («Le azioni di qualche pm potrebbero non farmi essere più libero»), l’affondo che fa salire gli applausi è pronto per essere servito. «Se succede fate la rivoluzione, eh?».
Dopo settimane di silenzi interrotti giusto da qualche collegamento telefonico e dalla gita dell’altro giorno a Expo, in cui soltanto «Casa Milan» e il processo di Bari hanno spezzato un ritmo scandito dalla quotidianità di Arcore o Palazzo Grazioli, Silvio Berlusconi torna plasticamente alla testa di Forza Italia in una saletta di Montecitorio dove va in scena l’adunata degli amministratori locali del partito convocati dal responsabile del settore, Marcello Fiori.
Il ritorno del Berlusconi «politico» inizia con una rassicurazione. Per quanto all’orizzonte ci sia una coalizione costruita su misura più per la società civile che per i politici di lungo corso, l’ex premier garantisce che FI non verrà rottamata. Anzi, «solo un folle può pensare di rottamare Forza Italia». Anche se poi immagina un «progetto pazzo» al quale — dice — «sta lavorando da qualche settimana» e che prevede anche un’eventuale variante sul nome. «Una grande casa aperta della speranza, potete chiamarla come volete, L’Altra Italia o come più vi piace, l’importante è che non ci siano politici di professione». Poi spiega di avere pensato a un gruppo di «20 saggi che dovrà formare un governo di saggi e di persone competenti e oneste» ed elenca una serie di punti programmatici per «cambiare l’Italia»: «No ai processi politici e all’abuso delle intercettazioni, chiusura di Equitalia e assegno di emergenza per le casalinghe». La carta scoperta, che riguarda il futuro prossimo, rimanda all’alleanza con la Lega, giocata insieme alla rassicurazione che «Salvini conosce i suoi limiti». Il jolly, su cui però manca il sigillo definitivo, sono i congressi provinciali e comunali che il presidente azzurro si guarda bene dal nominare. Ma che potrebbero andare in scena dopo l’estate. Ma il tema che catalizzerà l’attenzione dei forzisti prima del rompete le righe è la riapertura di un dibattito sull’Italicum. «Questa legge», dice sicuro Berlusconi, «subirà dei cambiamenti». Anche perché, e l’ex premier lo dice per solleticare gli appetiti di un uditorio eletto a suon di preferenze, «il sistema dei capilista è ingiusto e ci batteremo per le preferenze». Chi lo conosce sa che le preferenze non gli sono mai piaciute. Ma una trattativa sull’Italicum, in cambio di qualche sostegno alle riforme renziane che non implichi «alcun ritorno al Nazareno», può aprirsi. Nel caso, la richiesta di FI riguarderebbe il ritorno al premio di coalizione (invece che alla lista) o l’inserimento al secondo turno della possibilità di apparentamento tra liste diverse. Due misure che consentirebbero al tandem FI-Lega di correre comodamente separati.
Si distrae quando vede entrare in sala la senatrice Anna Maria Bernini. «Ho perso il filo del discorso perché quando vedo una bella donna lo perdo sempre…». E, chiosa, «me ne vanto».