Se davvero l’astuto Strauss-Kahn finisce alla corte della Cuba di Raúl
«Hello twitter, Jack is back». DSK, alias l’ex, potentissimo direttore generale del Fondo monetario internazionale Dominique Strauss-Kahn, l’aveva preannunciato il 21 giugno con un tweet sul suo account, dove sfoggia un profilo in bianco e nero, sorrisino rilassato, maglia scura a lupetto stile Rive Gauche. Non corre più per l’Eliseo. La gogna mediatica che ha accompagnato le sue violente predisposizioni sessuali (e il successivo proscioglimento dall’accusa di sfruttamento della prostituzione) l’hanno costretto (per ora?) ad accantonare il progetto. Non la voglia di stare sul palcoscenico della Grande politica mondiale, a quanto pare. E quale occasione migliore, di questi tempi, dello storico disgelo tra Stati Uniti e Cuba, che lunedì riapriranno dopo oltre mezzo secolo le rispettive ambasciate?
Non stupisce allora che il sito di Politico e a ruota tutta la stampa francese abbiano rilanciato ieri una notizia che circola da qualche settimana nei salotti della Parigi che conta (e negli ambienti dell’esilio castrista in Florida). Strauss-Kahn, che ha trasferito il domicilio fiscale in Marocco, dove vive con Myriam L’Aouffir (insieme in foto), sarebbe stato assoldato dal cubano Raúl Castro, con regolare contratto, come consulente nella estenuante trattativa politicocommerciale con gli Stati Uniti e per facilitare la complessa transizione da una economia statalista a quel modello misto «alla vietnamita» cui spesso accenna lo stesso Raúl Castro negli incontri con i sempre più numerosi ospiti stranieri. La notizia, ovviamente, non trova alcuna conferma sui mezzi d’informazione ufficiali dell’isola caraibica. Ma per quanto possa sembrare bizzarra — l’economista che fu alla guida del liberismo tanto vituperato dai Castro finisce al loro servizio? — è pur vero che la navigata esperienza negoziale e la conoscenza delle segrete leve del capitalismo occidentale di Strauss-Kahn, destituito dal Fmi nel 2011 dopo le accuse di violenza sessuale, risulterebbero più che mai utili a una Cuba sempre meno «rivoluzionaria». Il suo arrivo a Cuba in queste ore, se confermato, sarebbe la prova che «business is business», soprattutto per la Cuba che verrà.