Corriere della Sera

«Io, la prima donna che comanda i camalli»

È entrata nel cda dei portuali di Genova «Una grande famiglia di mille persone che affronta il lavoro con grandi ideali»

- Di Francesco Cevasco

Una donna «camallo»? Ma come? Il camallo è un uomo forte e muscoloso che scarica le navi quando arrivano e carica le navi che se ne vanno: almeno così pensiamo tutti. Siamo rimasti alla solenne immagine di Paul Klee che nel 1901 («Diario italiano») li dipinge così: «Belle figure robuste, il torso nudo, agili e veloci, con il carico in groppa (in testa un fazzoletto, a riparo dei capelli), sulla lunga passerella su al magazzino, per la pesatura...».

E invece: ecco che Francesca Ceotto, 38 anni, una donna quindi, figlia d’arte, il babbo era un camallo, entra, per la prima volta nella centenaria storia della Culmv (Compagnia unica lavoratori merci varie) come consiglier­e d’amministra­zione. Una di quelli che comandano.

Francesca è piccina e minuta. Se si mette in piedi accanto al suo «console» Antonio Benvenuti (il capo dei camalli si chiama nobilmente così, «console») gli arriva alla spalla. Eppure, come dicono i camalli, ha le «spalle» robuste. E non «se la tira», la Francesca: a Genova non piacciono quelli che fanno gli sbruffoni. Dice: «Ho avuto fortuna, nel 2001 a entrare come lavoratric­e nella Compa- gnia. È stato il colpo della mia vita. Un posto di ideali, di principii, di ragionamen­ti. Non è la solita banalità: è vero che questa è una grande famiglia di mille persone. Gente che è disponibil­e al lavoro 24 ore su 24; 7 giorni su 7; pronta a rispondere a 7 «chiamate» giornalier­e. In porto si applica quel concetto di cui tanti si riempiono la bocca a vanvera: la flessibili­tà. Noi siamo flessibili senza essere interinali. I lavoratori del porto di Genova sono l’eccellenza in questo tipo di lavoro».

Come i Mille garibaldin­i, i Mille camalli difendono l’orgoglio genovese e oggi sembrano specchiars­i nell’orgoglio greco. «Abbiamo fatto e siamo pronti a fare sacrifici per rendere sempre più efficiente e adeguato ai tempi il lavoro della Compagnia — dice Francesca Ceotto — ma non dimentichi­amoci che nessuno lavora come i nostri Mille».

Gente che, comunque, produce un fatturato di 42 milioni l’anno. Gente che un giorno gli arrivano cinque navi con 4 mila container, ma un giorno gliene sbuca un’altra (ovviamente cinese) con 20 mila container. E devi essere pronto a scaricarli, senza farli aspettare in rada sennò se ne vanno a Marsiglia o lassù nel Nord.

E poi la Francesca Ceotto ha anche un’altra idea: fare un po- ol di tutti quelli che lavorano nel porto di Genova. Che poi non sono tanti. Oltre ai classici camalli, c’è anche la Compagnia Pietro Chiesa. Quelli che se c’è bisogno di ripulire una nave mercantile come Dio comanda lo sanno fare. Il capo — pardon il Console — di quella Compagnia è Tirreno (il nome forse non è un caso) Bianchi. Dice: «Che la Francesca Ceotto sia entrata nel cda della Culmv è un bel segnale. Abbiamo bisogno di cambiament­i, di scelte intelligen­ti».

Francesca Ceotto non ha avuto sponsor: è stata eletta (non cooptata come fanno i padroni) nel consiglio d’amministra­zione dai mille lavoratori della Culmv. Persino Antonio Benvenuti, l’attuale Console, che pure la apprezza, non si è speso più di tanto. Lui viene dalla scuola di Arrigo Cervetto, il leader di «lotta comunista», ed è sampdorian­o, ma questo non conta politicame­nte. E si limita a dire: «Una scelta figlia di una competenza profession­ale, non certo delle quote rosa. Francesca Ceotto ha esattament­e le competenze amministra­tive che ci servono dentro il consiglio d’amministra­zione».

«La ragazza», come la chiamavano i camalli — ma probabilme­nte continuera­nno a chiamarla così — non ha sfidato i maschi in canottiera, li ha portati dalla sua parte con la forza delle idee. D’altra parte la conoscono. È entrata in «ditta», bambina, 14 anni fa. Per sorteggio. C’erano quattro posti. Si presentaro­no in cinquanta. Qual era il modo più «democratic­o» di scegliere? Il sorteggio! E Francesca fu sorteggiat­a.

«E adesso devo darmi da fare — dice — per portare avanti il discorso che la Compagnia dei portuali fa da anni: mettere al centro delle questioni politiche il concetto e la difesa del lavoro: con la coscienza che il mondo cambia e che se secoli fa l’unico porto possibile era Genova, ora ce ne sono altri. E dobbiamo competere. E provare a essere migliori. O, come si dice adesso, competitiv­i».

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Figlia d’arte Francesca Ceotto, 38 anni (Balostro/Freaklance)

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