SEGNALI POSITIVI PER LA DIPLOMAZIA UE
a tre Merkel-HollandePutin sulla crisi ucraina.
Detto questo, bisogna riconoscere che Federica Mogherini, evitate vuote fughe in avanti, è stata capace in questi dodici mesi di dare un senso al proprio ruolo.
Un primo segno del suo progressivo consolidamento era venuto dalla notizia della rinuncia dell’ex premier britannico Tony Blair al mandato di inviato del «Quartetto» (Onu, Usa, Ue, Russia) per il Medio Oriente, rinuncia per la quale lei stessa, intenzionata a rilanciare il ruolo dell’Europa nella regione, si era personalmente spesa.
I negoziati con l’Iran hanno confermato la sua raggiunta legittimazione. Nessun dubbio sul fatto che i due primattori siano stati John Kerry e Mohammad Javad Zarif, i ministri degli Esteri americano e iraniano. Ma lei, Federica Mogherini ha fatto la propria parte. Sempre presente al tavolo e contando sulla preziosa assistenza di Helga Schmid, vicesegretario del Servizio europeo per l’azione esterna, ha garantito la continuità delle trattative. Ha agevolato l’emergere di una comune posizione europea, stemperando, ad esempio, in alcuni passaggi delicati, le più dure posizioni dei francesi, i più sensibili alle preoccupazioni israeliane. Quando necessario, ha rappresentato con credibilità agli iraniani le posizioni dei «5+1».
Per affermarsi, Mogherini ha coltivato e stabilito proficui rapporti di lavoro e d’intesa con i capi delle diplomazie dei Paesi membri, a partire dal ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier, tanto da essere oggi riconosciuta come un efficace presidente del consiglio Affari Esteri della Unione europea.
Analogo impegno e rispetto ha dimostrato nei confronti del Parlamento europeo, partecipando alle sessioni plenarie di Strasburgo e mettendo a frutto le relazioni così acquisite in una non banale opera di diplomazia parlamentare.
All’interno della Commissione europea, al contrario di La- dy Ashton che era quasi sempre assente (tanto che c’è chi attribuisce proprio alla sua sedia vuota i progressi compiuti nella costruzione di quell’unione bancaria così poco amata dai britannici), Federica Mogherini è stata presente con regolarità nel suo ruolo di vicepresidente alle riunioni del collegio dei commissari e si è conq u i s t a t a la fiducia del presidente Jean Claude Juncker. Segnata da qualche elemento di rivalità sembra essere, invece, la sua relazione con il primo vicepresidente, l’olandese Frans Timmermans.
Resta, infine, da ammettere che le continue tragedie nelle acque del Mediterraneo hanno trasformato l’immigrazione, la questione forse di più immediato interesse dell’Italia, in un’emergenza di dimensione europea. Da marginale che rischiava di essere, l’incarico di Altro Rappresentante ha finito, così, per rivelarsi un avamposto prezioso anche dallo stretto punto di vista dell’interesse nazionale.