Corriere della Sera

Menu papali e peccati di gola, 50 ricette per «mangiare da Dio»

Nel libro di due preti-gourmet la Chiesa a tavola da Sant’Ambrogio alla bagna caoda di Bergoglio

- Nicoletta Melone

Non si vive di solo pane. Parole sante. E allora, vai di ciambelle, come direbbe Leone XIII, che, approdato in Vaticano nel 1878, tra un’enciclica e l’altra (86!) mandava i suoi emissari nella natia Carpineto Romano a fare scorta di « ciammelle » all’anice. Peccati veniali, rispetto all’insana passione di Martino IV per le anguille alla vernaccia. Mettici la forma tentatrice della vivanda (maledetti serpenti) ed eccolo servito: Dante lo spedisce in Purgatorio in mezzo ai golosi. Menu che sfilano, tra una bolla papale e una ribollita, in un libretto delle Edizioni San Paolo scritto da due preti milanesi in servizio a Roma e intitolato, con una buona dose di autoironia, Mangiare da Dio: un’infornata di 50 ricette, da San Paolo a papa Francesco, in cui don Andrea Ciucci e don Paolo Sartor ripercorro­no Duemila anni di storia alla scoperta del lato foodie della Chiesa.

Un racconto che si sgrana in un rosario di aneddoti e ingredient­i impastando sacro e profano, intreccian­do fumo d’incenso e profumo di soffritto. Per scoprire per esempio che Sant’Ambrogio, macché panettone, aveva un debole per i tartufi e che fu un papa africano, Gelasio, nato nel 400 in Algeria, a inventare (Marine Le Pen se ne faccia una ragione) le crepes. C’è la cucina veg e detox di San Benedetto, poco incline agli eccessi, e le proposte, più goderecce, di Leone X, alias Giovanni de’ Medici, noto amante di pasticci, cacciagion­e e banchetti. Il cibo, decisament­e dietetico, di eremiti e padri del deserto e il patè di aringhe del priore dell’abbazia di Westminste­r, deciso a convertire al pesce e alle verdure i carnivori confratell­i. Non manca qualche scorriband­a in territorio nemico: dalle zuppe di porro di Nerone, foriere di alito incendiari­o, alle uova all’ugonotta, fino alle eretiche minestre alle erbe di fra Dolcino, destinato a finire bruciato sul rogo.

Di Bergoglio, il papa del mate, si celebrano le radici italiane con la ricetta di una vulcanica «bagna caoda», omaggio ai nonni piemontesi: proposta rustico-pop contrappos­ta al più etereo flan di zucchine del predecesso­re, papa Ratzinger.

Il libro dibatte sulle origini monastiche del cappuccino, s’interroga sul simbolismo del cornetto (la mezzaluna islamica sconfitta?), discetta sui cuochi in saio come padri spirituali dei moderni chef che si credono padreterni. E alla fine lascia intendere che il diavolo fa le pentole (e forse non i coperchi) ma gli uomini di Dio, quando le riempiono, cucinano benissimo.

 ??  ?? Il piatto Papa Bergoglio con uno dei suoi piatti preferiti, la bagna caoda: la ricetta è indicata nel libro «Mangiare da Dio» (Edizioni San Paolo)
Il piatto Papa Bergoglio con uno dei suoi piatti preferiti, la bagna caoda: la ricetta è indicata nel libro «Mangiare da Dio» (Edizioni San Paolo)

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