«Pensioni, tagli fino al 34% con il metodo contributivo»
Proietti (Uil): non può essere questo il prezzo della flessibilità
Quanto costa lasciare il lavoro in anticipo, prima dell’età per la pensione di vecchiaia, prendendo l’assegno col contributivo? Tra il 10 e il 34%, secondo uno studio della Uil, che ha fatto una serie di proiezioni sulla scorta del dibattito che si è aperto dopo che il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha presentato una proposta per aumentare la flessibilità in uscita. Esigenza, questa, ben presente al governo, e il ministro Balzo dell’utile di Citigroup, che è salito nel secondo trimestre a 4,85 miliardi di dollari, o 1,51 dollari per azione, rispetto ai 181 milioni di dollari dello stesso periodo dell’anno scorso. Sull’utile del 2014 aveva pesato il patteggiamento con il dipartimento di Giustizia Usa su presunte violazioni sui mutui prima della crisi finanziaria. È da 8 anni che i profitti trimestrali del
Il tema del potere d’acquisto si intreccia con quello del metodo di calcolo dell’assegno. Quanto perderebbe sull’assegno una neo nonna che volesse uscire dal mercato del lavoro in anticipo? Secondo le proiezioni del centro studi Uil, applicando totalmente il contributivo, una lavoratrice dipendente di 62 anni con un reddito di 34.500 euro al mese e 39 anni e mezzo di contributi si vedrebbe l’assegno decurtato, andando gruppo statunitense non arrivavano così in alto. A spingere i conti sono stati il calo delle spese legali e più in generale il taglio dei costi, oltre alla buona performance della divisione di «consumer banking» in Nord America. I ricavi sono rimasti stabili a 19,47 dollari per azione ( nella foto il chief executive officer del gruppo, Michael Corbat). in pensione ora anziché a 66 anni e 7 mesi, del 30,82%: 682 euro in meno al mese, considerando un assegno lordo di 2.209 euro col sistema attuale. Diverso il caso della sessantaduenne con 36 anni di anzianità contributiva, col regime « misto » : con un reddito di 39.800 euro avrebbe una pensione di 1.889 euro, perdendo sull’assegno di 2.163 euro il 12,67% (247 euro al mese).
Questi dati fanno dire al segretario confederale Uil Domenico Proietti che, pur restando il fatto che «la legge Fornero ha provocato una rigidità eccessiva che va rimossa», l’ipotesi del numero uno dell’Inps «è profondamente sbagliata e iniqua. Boeri ha indicato per i lavoratori che sceglieranno tale opzione uno scostamento tra il 7% e il 10% rispetto al calcolo attuale. Tale dato è riconducibile a un calcolo sterile effettuato senza tenere conto della reale situazione dei singoli lavoratori. Un’analisi sulla situazione reale porta a ben altre conclusioni».
Caso limite quello di un uomo di 62 anni, con contributi già versati da 35 anni e un reddito di 33mila euro. Andando in pensione ora e non, in base alle vecchie regole, nel 2019 (quell’anno scatta tra l’altro anche un nuovo adeguamento all’aspettativa di vita) avrebbe un assegno di 1.549 euro e non 2.345, il 33,94% in meno.
C’è da dire che Boeri ha parlato di una piccola penalizzazione e ha più volte, nei giorni scorsi, spiegato che una riduzione delle pensioni del 35% non è concepibile, così come anche l’idea di un ricalcolo col metodo contributivo degli assegni già percepiti. Bisognerà vedere se e come sarà declinata la sua ricetta. Sul tavolo del governo c’è anche l’opzione Baretta-Damiano, anche questa però prevede una decurtazione, benché bassa, dell’assegno.
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