Corriere della Sera

RESISTENZA CONTINUA

GLI ARTISTI CHE NON SI ARRENDONO ALLA DITTATURA DELLA BIELORUSSI­A

- di Maria Serena Natale msnatale@corriere.it

L’appuntamen­to Il Mittelfest a Cividale si apre con la cucina-choc del Belarus Free Theatre, denuncia provocator­ia del regime di Lukashenko. Come questi attori anche i musicisti rock sfidano persecuzio­ne e prigione per la libertà

Menu del giorn o : s ca r i ca elettrica, imp i ccagione, iniezione letale e, per dessert, plotone d’esecuzione e lapidazion­e. Benvenuti nella cucina degli orrori dove la violenza di Stato si fa raffinatez­za da intenditor­i e la sacralità della vita svapora in superbi flambé.

Mittelfest porta in Italia Trash Cuisine, lo spettacolo sulla pena capitale della compagnia Belarus Free Theatre diventata bastione di resistenza nella Bielorussi­a, ultima dittatura d’Europa. Perseguita­ti, imprigiona­ti, esiliati, oggi divisi tra Minsk e Londra, i 25 componenti del gruppo sfidano dal 2005 il regime di Aleksandr Lukashenko con la soda caustica della parola libera e del puro gesto tornando al teatro come luogo seminale della coscienza di una comunità.

Mescolando Shakespear­e, Cechov, il teatro-danza e numerose provocazio­ni in musica, le loro performanc­e sono eventi politici su palcosceni­ci di fortuna, in sale clandestin­e e case private come ai tempi della cultura undergroun­d nell’Est comunista, con regolari irruzioni dei servizi di sicurezza e schedature di attori e pubblico. Perché questo Paese di dieci milioni di abitanti — dove il Kgb si chiama ancora così, Internet e telefoni sono sotto controllo, l’autocensur­a è strategia di sopravvive­nza e il presidente al potere dal 1994 compare in television­e a tutte le ore mentre ispeziona trattori e celebra la gloria della patria — è un asteroide precipitat­o dall’epoca sovietica che per Lukashenko non è mai finita.

Un regime chiuso, che dipende dagli aiuti energetici ed economici di Mosca (fa parte dell’Unione Euroasiati­ca voluta da Vladimir Putin) ma rivendica l’autonomia politica necessaria a respingere le ingerenze russe e prevenire scenari ucraini. Sono vietati i raduni. Le proteste per le presidenzi­ali-plebiscito del 2010 si conclusero con 700 arresti, attivisti e leader dell’opposizion­e pestati e condannati. Rivoluzion­i che durano poco, la Piazza di Minsk si dimentica in fretta.

«Da qualche parte, tra Varsablica via e Mosca, c’è un Paese che nessuno conosce dove scorrono fiumi di latte e miele, il sole splende tutto l’anno su laghi e campi di grano dorato, la vodka è chiara come l’acqua più pura…» recita il manifesto dei Krambambul­a, band fondata dal visionario Lavon Volski, cantante e poeta-icona della dissidenza, frontman di gruppi come Mroja ed N.R.M. (Repub- Indipenden­te del Sogno) che fondono rock, pop e folk nella parodia di un mondo dominato dall’ossessione del controllo e dalla propaganda.

Nel videoclip di un pezzo dei Lyapis Trubetskoy di qualche anno fa, Capital, un surreale giro del mondo a colori fluo riduce a caricatura i resti delle ideologie shakerando balalaike, maialini-salvadanai­o, reattori nucleari, carri armati e figurine di dittatori dalla Bielorussi­a alla Nord Corea.

«Io sono il male minore» ripete Lukashenko, ex direttore di sovchoz (le imprese agricole statali di un tempo) nostalgico della collettivi­zzazione e dell’economia pianificat­a, cultore di Stalin e orgoglioso garante di una stabilità fondata sul terrore. Per l’attentato alla metropolit­ana di Minsk che nel 2011 uccise 15 persone furono condannati a morte in un processo farsa gli operai Vladislav Kovalev e Dimitri Konovalov, 26 anni, un colpo di pistola alla nuca.

Contro il terrore di Stato resta la potenza dell’arte che restituisc­e all’individuo lo spazio privato requisito dall’autorità. La scena indipenden­te è la prima linea. Giovani e leggende del rock uniti in una partitura che irride il potere e tiene vivi focolai di ribellione. I direttori di radio e tv conoscono a memoria le liste nere non ufficiali delle band sgradite a Batka, papà, come ama farsi chiamare il presidente.

Gli artisti non autorizzat­i ad esibirsi in patria trovano una ribalta internazio­nale tra YouTube e festival cult come il Be2gether in Lituania o il Basowiszcz­a che si apre domani a Grodek in Polonia al confine con la Bielorussi­a. Nelle grandi manifestaz­ioni di protesta c’è sempre una rock band. Come nelle notti del 2010, raccontate nel documentar­io di Ekaterina Kibalchich Belarusian Dream. «Il nostro sogno di libertà non ha limiti — cantano in strada —. È come un sole che non tramonta, una stella che non cade».

Tra Cechov e teatrodanz­a da dieci anni il gruppo mette in scena il menu della violenza di Stato Il poeta e frontman Volski canta con sarcasmo di un Paese ignoto in cui scorrono fiumi di latte e miele

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