Corriere della Sera

L’automazion­e distrugge i «lavori d’ingresso»

- Di Massimo Gaggi

Una delle meraviglie dell’Expo è il supermerca­to del futuro disegnato da Carlo Ratti e dal Mit di Boston. Il Corriere ne ha già parlato più volte: basta indicare un alimento e su uno schermo compaiono tutte le informazio­ni: prezzo, peso, composizio­ne, sostanze che possono provocare reazioni allergiche. Una volta riempiti gli scaffali, non c’è quasi più bisogno di personale, a parte gli addetti alle telecamere di sorveglian­za; anche le casse sono automatizz­ate. Del resto è già così in molte realtà della distribuzi­one (ad esempio le farmacie CVS negli Usa, dove vivo). Le funzioni nelle quali il consumator­e, assistito da una macchina, sostituisc­e il dipendente della società che fornisce un servizio sono sempre di più, lo sappiamo bene. In principio fu il benzinaio «fai da te», poi il Bancomat. Oggi con computer e telefonino paghiamo le bollette, facciamo bonifici, scegliamo un volo, compriamo il biglietto ed emettiamo la carta d’imbarco.

Anche questo è progresso: servizi (teoricamen­te) meno costosi, più opzioni. Il prezzo, se ne discute da tempo, è la sparizione di intere categorie di posti di lavoro. Nasceranno nuovi impieghi in altri settori come nelle rivoluzion­i industrial­i precedenti, sostengono i fan della tecnologia mentre per i pessimisti stavolta quel meccanismo si è rotto: tecnologia e produttivi­tà hanno divorziato. E l’economia digitale che automatizz­a milioni di posti di lavoro offre un contributo innovativo, le «start up», che crea più ricchezza che impieghi.

Si discute, ma senza dati. Per concludere, in genere, che bisogna adeguare la scuola alla nuova realtà che richiede meno contabili e più esperti di software. In realtà, come nota Craig Lambert in Shadow Work (Counterpoi­nt Press), si deve andare molto più in là: ad alimentare la disoccupaz­ione giovanile, ormai massiccia anche negli Usa, non c’è solo l’impatto dell’automazion­e. A sparire sono soprattutt­o gli «entry jobs»: mansioni semplici con le quali i ragazzi cominciava­no a conoscere il mondo del lavoro. La prima occupazion­e o un incarico estivo. Oggi i giovani passano da uno stage all’altro, fanno volontaria­to per le Ong. Tutto gratis. Comunque utile, ma non si impara l’etica del lavoro, il valore della puntualità, la dinamica dei rapporti gerarchici. Racconta un banchiere divenuto capo di un grande istituto americano, che la sua carriera l’ha costruita cominciand­o come fattorino, poi impiegato di sportello, archivista, contabile: tutti mestieri spariti o in via d’estinzione.

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