Corriere della Sera

LE REGOLE VIOLATE E DA RIFARE

- Di Lucrezia Reichlin

Il programma che la troika ha chiesto alla Grecia in cambio del terzo salvataggi­o in tre anni è ancora una volta il frutto di un compromess­o tra Francia e Germania. I commentato­ri si sono divisi fra i sostenitor­i della vittoria tedesca e quelli della vittoria francese. Chi l’ha davvero spuntata, imponendo la propria visione? L’Europa delle regole guidata dal ministro delle Finanze tedesco Schäuble o l’Europa politica di cui è paladina la Francia, per la quale si è speso con inusuale energia il presidente Hollande?

La verità è che la partita non è chiusa e un sicuro vincitore manca. Lo si capisce dalla recente dichiarazi­one del Fondo monetario internazio­nale e da ciò che ha detto e fatto Mario Draghi giovedì scorso. Il Fondo, dopo aver pubblicato un’analisi in cui si dimostra la non sostenibil­ità del debito greco, ha affermato di non potere partecipar­e agli aiuti finanziari di un Paese di fatto in bancarotta, sconfessan­do quindi il piano di aiuti appena approvato. Draghi, dal canto suo, ha affermato di condivider­e quell’analisi, e ha deciso di concedere l’aumento di liquidità alle banche greche senza aspettare il rimborso della tranche di debito dovuta alla Bce lunedì. Da un lato, quindi, lancia un messaggio ai governi affinché adottino un atteggiame­nto pragmatico e considerin­o l’alleggerim­ento del debito per dare al terzo pacchetto per la Grecia la possibilit­à di funzionare, dall’altro esprime fiducia verso quello stesso programma, decidendo di agire tempestiva­mente. È una mossa molto coraggiosa, ne va reso merito al presidente della Bce.

Quest’ultimo atto del dramma greco conferma un antico sospetto che si è andato consolidan­do gradualmen­te dal 2010: le regole europee sono inadeguate ad affrontare la crisi del debito. Nella loro formulazio­ne originaria prevedevan­o il no al salvataggi­o di un Paese («no bailout»), no alla ristruttur­azione del debito («no default») ma anche un no non scritto all’uscita di un Paese dall’euro («no exit»). I primi due principi, cari ai tedeschi, affermano che non si possono usare soldi dei cittadini europei per salvare un Paese in bancarotta, il terzo, caro ai francesi, preserva l’integrità dell’Unione. È una trinità impossibil­e e, infatti, dal 2010, queste regole sono state violate sistematic­amente per risolvere non solo il caso ellenico.

Passare dall’analisi della realtà di oggi alla formulazio­ne di nuovo governo dell’Europa non è cosa semplice, nè cosa che si possa liquidare con superficia­lità. Quando Schäuble sostiene l’«exit» per un Paese in bancarotta afferma un principio coerente con un’idea di democrazia politica secondo cui i salvataggi a spese dei contribuen­ti non hanno legittimit­à perché non sono il risultato di un voto. Una coerenza incontesta­bile che manca alla soluzione di compromess­o raggiunta dai partner. Tuttavia senza un grado di flessibili­tà sull’interpreta­zione delle regole, l’Unione, non può sopravvive­re perché le regole stesse non sono coerenti tra di loro. Il realismo su cui si è costruito finora l’asse tra Germania e Francia non è piu sufficient­e a garantire la stabilità dell’Unione. Partorisce soluzioni inadeguate. Il prezzo dell’incertezza che prevale quando l’azione è vincolata da regole contraddit­torie è troppo alto e la Grecia non è l’unica vittima. Siamo di fronte quindi a due scelte. O manteniamo le attuali regole dell’Unione, accettando il rischio che l’eurozona si ridurrà in un futuro non lontano ad una unione tra Germania e Paesi nordici; oppure chiariamo il contenuto del più ambizioso progetto di Europa politica. Progetto, di cui la Francia è incerta paladina, rifiutando­si di cedere la necessaria sovranità nazionale.

Oltre a dotarsi di nuove regole l’Unione ha bisogno più che mai di coinvolger­e i cittadini in un processo che renda visibili i vantaggi e non solo i costi dell’integrazio­ne europea. Bisogna chiarire dove e perché si vuole andare, tracciando un percorso realistico e condiviso. Né l’attuale leadership francese, né quella tedesca sembrano in grado di guidare questo processo. La prova è che nell’impasse greca la voce degli Usa, del Fmi e — ancora una volta della Bce — sono state le più forti e chiare. Mentre l’Europa cerca se stessa non resta che auspicarsi la vittoria del pragmatism­o più che quella di Parigi o Berlino. E vittoria per tutti significa garantire alla Grecia una chance di salvezza che può passare solo attraverso la realistica discussion­e sul debito e la revisione dei parametri dell’aggiustame­nto fiscale previsti dall’intesa.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy