LE REGOLE VIOLATE E DA RIFARE
Il programma che la troika ha chiesto alla Grecia in cambio del terzo salvataggio in tre anni è ancora una volta il frutto di un compromesso tra Francia e Germania. I commentatori si sono divisi fra i sostenitori della vittoria tedesca e quelli della vittoria francese. Chi l’ha davvero spuntata, imponendo la propria visione? L’Europa delle regole guidata dal ministro delle Finanze tedesco Schäuble o l’Europa politica di cui è paladina la Francia, per la quale si è speso con inusuale energia il presidente Hollande?
La verità è che la partita non è chiusa e un sicuro vincitore manca. Lo si capisce dalla recente dichiarazione del Fondo monetario internazionale e da ciò che ha detto e fatto Mario Draghi giovedì scorso. Il Fondo, dopo aver pubblicato un’analisi in cui si dimostra la non sostenibilità del debito greco, ha affermato di non potere partecipare agli aiuti finanziari di un Paese di fatto in bancarotta, sconfessando quindi il piano di aiuti appena approvato. Draghi, dal canto suo, ha affermato di condividere quell’analisi, e ha deciso di concedere l’aumento di liquidità alle banche greche senza aspettare il rimborso della tranche di debito dovuta alla Bce lunedì. Da un lato, quindi, lancia un messaggio ai governi affinché adottino un atteggiamento pragmatico e considerino l’alleggerimento del debito per dare al terzo pacchetto per la Grecia la possibilità di funzionare, dall’altro esprime fiducia verso quello stesso programma, decidendo di agire tempestivamente. È una mossa molto coraggiosa, ne va reso merito al presidente della Bce.
Quest’ultimo atto del dramma greco conferma un antico sospetto che si è andato consolidando gradualmente dal 2010: le regole europee sono inadeguate ad affrontare la crisi del debito. Nella loro formulazione originaria prevedevano il no al salvataggio di un Paese («no bailout»), no alla ristrutturazione del debito («no default») ma anche un no non scritto all’uscita di un Paese dall’euro («no exit»). I primi due principi, cari ai tedeschi, affermano che non si possono usare soldi dei cittadini europei per salvare un Paese in bancarotta, il terzo, caro ai francesi, preserva l’integrità dell’Unione. È una trinità impossibile e, infatti, dal 2010, queste regole sono state violate sistematicamente per risolvere non solo il caso ellenico.
Passare dall’analisi della realtà di oggi alla formulazione di nuovo governo dell’Europa non è cosa semplice, nè cosa che si possa liquidare con superficialità. Quando Schäuble sostiene l’«exit» per un Paese in bancarotta afferma un principio coerente con un’idea di democrazia politica secondo cui i salvataggi a spese dei contribuenti non hanno legittimità perché non sono il risultato di un voto. Una coerenza incontestabile che manca alla soluzione di compromesso raggiunta dai partner. Tuttavia senza un grado di flessibilità sull’interpretazione delle regole, l’Unione, non può sopravvivere perché le regole stesse non sono coerenti tra di loro. Il realismo su cui si è costruito finora l’asse tra Germania e Francia non è piu sufficiente a garantire la stabilità dell’Unione. Partorisce soluzioni inadeguate. Il prezzo dell’incertezza che prevale quando l’azione è vincolata da regole contraddittorie è troppo alto e la Grecia non è l’unica vittima. Siamo di fronte quindi a due scelte. O manteniamo le attuali regole dell’Unione, accettando il rischio che l’eurozona si ridurrà in un futuro non lontano ad una unione tra Germania e Paesi nordici; oppure chiariamo il contenuto del più ambizioso progetto di Europa politica. Progetto, di cui la Francia è incerta paladina, rifiutandosi di cedere la necessaria sovranità nazionale.
Oltre a dotarsi di nuove regole l’Unione ha bisogno più che mai di coinvolgere i cittadini in un processo che renda visibili i vantaggi e non solo i costi dell’integrazione europea. Bisogna chiarire dove e perché si vuole andare, tracciando un percorso realistico e condiviso. Né l’attuale leadership francese, né quella tedesca sembrano in grado di guidare questo processo. La prova è che nell’impasse greca la voce degli Usa, del Fmi e — ancora una volta della Bce — sono state le più forti e chiare. Mentre l’Europa cerca se stessa non resta che auspicarsi la vittoria del pragmatismo più che quella di Parigi o Berlino. E vittoria per tutti significa garantire alla Grecia una chance di salvezza che può passare solo attraverso la realistica discussione sul debito e la revisione dei parametri dell’aggiustamento fiscale previsti dall’intesa.