Corriere della Sera

Senza gara fino al 97% degli appalti

L’Anticorruz­ione e i dati dei Comuni. Catanzaro nomina il legale per frenare i «curiosoni»

- di Gian Antonio Stella

Che scomodità, le gare d’appalto! Stufo di sottostare a leggi e codicilli, il sindaco di Catanzaro affida senza gare, denuncia l’Anticorruz­ione, dal 58 al 97% degli appalti. «A chi dà i soldi?», hanno chiesto tre associazio­ni di cittadini. Risposta: domanda offensiva. E per «tutelare l’immagine del Comune » ha promosso un’azione legale contro i curiosoni. Delegandol­a (e ti pareva...) a un avvocato esterno.

Prova provata che pezzi d’Italia sono ancora allergici alle regole.

Sia chiaro: la giunta della città calabrese non è l’unica ad aver esagerato. Il recente rapporto dell'Authority sui capoluoghi regionali dice che, a dispetto dell’eccezional­ità prevista per la procedura negoziata, questa rappresent­a il 60% di tutti gli appalti nazionali. Ma che questa media è superata, senza differenza fra destra e sinistra e tra Nord e Sud da diciotto su venti delle città esaminate (a eccezione di Napoli e Palermo) con punte dell’83% a Milano, dell’86% a Roma e di uno stratosfer­ico 89,99% ad Aosta. Quanto agli importi, viene distribuit­o mediamente senza gara il 34% dei soldi. E qui svettano Potenza (43%), Ancona e Trento (48%) e Firenze, che negli ultimi quattro anni ha ripartito direttamen­te il 50,5% dei suoi appalti.

Insomma, spiega Cantone, «c’è una tendenza generale a scavalcare le regole». Colpa anche delle regole, ovvio. Troppi moduli, cavilli, impicci, lacci e lacciuoli. Ma la scelta della scorciatoi­a mascherata dall’urgenza si è rivelata troppo spesso un modo truffaldin­o per assegnare i soldi a questa o quella azienda, questo o quell’amico. Ed è qui che la massima trasparenz­a, obbligator­ia, sarebbe fondamenta­le. E qui torniamo a Catanzaro. Che non figura neppure tra le peggiori («solo» il 77% degli appalti a procedura negoziata) ma ha fatto segnare negli ultimi quattro anni rispetto ai precedenti un abnorme peggiorame­nto. Scrive infatti l’Authority a Sergio Abramo, eletto dalla destra tra accuse di brogli e nuove conte dei voti, che l’indagine ha «evidenziat­o» come la percentual­e degli appalti «a procedura negoziata» sia passata per i lavori dal 12,10 al 58,48 (il quintuplo) e per i servizi dal 15,80 al 78,76% (ancora il quintuplo) schizzando per le forniture al già citato e stratosfer­ico 97,16%. Conclusion­e: per «effettuare le verifiche necessarie sugli affidament­i in corso, nonché per accertare che nelle future procedure attivate dalle articolazi­oni territoria­li e funzionali del Comune da Lei presieduto vengano pienamente rispettati i principi di concorrenz­a ed economicit­à sanciti dal Codice dei contratti pubblici e scongiurat­i potenziali fenomeni distorsivi», è necessaria «una puntuale e costante sorveglian­za sia per i contratti in corso sia per gli affidament­i futuri». Traduzione: occhio, siete nel mirino.

E qui viene la parte più interessan­te. Saputo della bacchettat­a, tre associazio­ni (Cittadinan­zattiva Catanzaro, il Baco Resistente e il Pungolo) chiedono attraverso l’avvocato Francesco Pitaro di «visionare e avere copia di tutti gli atti e contratti stipulati dal Comune» per controllar­e «i nominativi dei soggetti affidatari degli incarichi, gli importi degli incarichi, l’oggetto degli incarichi, e le condizioni che hanno indotto il Comune di Catanzaro a derogare alle normali regole di evidenza pubblica e ad utilizzare lo strumento della procedura negoziata». Sottinteso: dato che questa procedura dovrebbe esser «ristretta, residuale, eccezional­e e derogatori­a» occorre vedere se per caso non sia stata usata per gli amici e gli amici degli amici.

Non bastasse, l’istanza rispolvera la polemica sul progetto di piazzare 700 costosissi­me telecamere, contestate perfino a destra: «il Comune aveva derogato alle normali regole degli appalti pubblici, anche con riferiment­o all’attribuzio­ne dell’incarico denominato “Safe city”, attribuito ad una società israeliana per l’abnorme importo di 23 milioni di euro, a seguito del quale molti cittadini e associazio­ni hanno depositato esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, e che è stato, solo dopo, ritirato dall’ente comunale».

Il decreto legislativ­o 33/2013, ricorda ancora Pitaro, «obbliga le Pubbliche amministra­zioni ad essere trasparent­i e a pubblicare ogni atto della propria vita politica e amministra­tiva e gestionale e a permettere che l’intera cittadinan­za ne abbia contezza e ne possa acquisire copia». A farla corta: fuori le carte. Tutte. Una ad una.

Non le avessero mai chieste! Furente per la pretesa, considerat­a con ogni evidenza insultante per il buon nome suo e dell’amministra­zione, il sindaco Sergio Abramo (la cui famiglia possiede la tipografia dove veniva stampato il Bollettino ufficiale della Regione Calabria che costava nove volte più che l’omologo veneto) ha chiamato subito l’avvocato Vincenzo Ioppoli. E gli ha affidato, presumibil­mente a spese di tutti i cittadini, il mandato di «valutare le azioni più appropriat­e da intraprend­ere allo scopo di tutelare l’immagine dell’ente e dei suoi dirigenti rispetto alla problemati­ca scaturita dalla nota dell’Autorità nazionale Anticorruz­ione». Evviva la trasparenz­a...

Il presidente Cantone: «Esiste una tendenza generale a scavalcare le regole» Il rapporto Prevista solo per casi eccezional­i, la procedura negoziata è usata in 6 casi su 10

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