Ilva, il pm contro gli operai Denunciati perché lavorano
Lite sull’altoforno. L’azienda: autorizzato dal governo
Come tre anni fa, la Procura di Taranto firma un provvedimento di sequestro senza facoltà d’uso di una parte dell’Ilva di Taranto. L’impianto siderurgico più grande d’Europa rischia ancora di bloccarsi. Ma nel carteggio giudiziario-burocratico c’è un passaggio inedito. La Procura se la prende con i lavoratori: 16 dipendenti dello stabilimento siderurgico e tre di una ditta esterna sono stati denunciati dai carabinieri mandati in fabbrica dal pm per essersi presentati a lavorare.
Se non fosse per il calendario che indica tre anni di più, saremmo fermi a luglio del 2012. Anche allora la Procura di Taranto firmò un provvedimento di sequestro, senza facoltà d’uso, di una parte dell’Ilva. E anche nel caldo torrido di quell’estate il caso Ilva scoppiò all’improvviso e diventò un problema nazionale.
Ecco. Adesso siamo di nuovo nelle stesse condizioni. L’impianto siderurgico più grande d’Europa rischia ancora una volta di bloccarsi. Ma nel carteggio giudiziario-burocratico del momento c’è un passaggio inedito: la Procura se la prende anche con i lavoratori. Sedici dipendenti dello stabilimento siderurgico e tre di una ditta esterna ieri mattina sono stati identificati e denunciati dai carabinieri mandati in fabbrica dal pubblico ministero. Il reato? Violazione dei sigilli, che significa essersi presentati a lavorare (su richiesta dell’azienda).
Per capirci un po’ di più serve la cronistoria di queste ultime settimane. Passo indietro fino all’8 giugno scorso, l’ultimo giorno di cui Alessandro Morricella, 35 anni, vide la luce del sole. Rimase ustionato dalla ghisa incandescente dell’altoforno 2 (Afo2) e morì dopo una lenta agonia. Dieci giorni dopo la Procura di Taranto firmò un decreto di sequestro di Afo2 senza facoltà d’uso, cioè impedendo l’utilizzo dell’altoforno: secondo i magistrati in quell’angolo dello stabilimento non ci sono le condizioni di sicurezza per poter lavorare.
Ma com’è già avvenuto altre volte in passato, anche in questo caso (il 4 luglio) ecco un decreto salva Ilva che tiene in piedi il sequestro ma consente nel contempo la facoltà d’uso. 8 luglio: i dirigenti dell’acciaieria chiedono alla Procura l’applicazione del decreto legge e quindi «la prosecuzione dell’attività d’impresa», poi richiamano al lavoro gli operai dell’Afo2, sicuri di poterlo fare dopo il provvedimento del governo. Ma il pm Antonella De Luca gira la richiesta dell’azienda al giudice delle indagini preliminari Martino Rosati il quale vede nel decreto profili di incostituzionalità, quindi sospende ogni decisione e invia gli atti alla Corte costituzionale.
La questione è tutta qui: se il gip sospende il giudizio che si fa? Vale la facoltà d’uso voluta dal governo con il decreto oppure va impedita come sostiene la Procura con il suo provvedimento di sequestro?
La guerra, come sempre quando si tratta dell’Ilva, è fra i magistrati e il governo. La novità è che i lavoratori e i sindacati (tutti) sono uniti nell’essere indignati per aver visto i carabinieri arrivare in fabbrica a notificare atti giudiziari agli operai: «In questa dotta disputa costituzionale ci vanno di mezzo persone che lavorano e non hanno nessuna colpa» la riassume a modo suo Antonio Talò, segretario della Uilm di Taranto che è in linea con i colleghi della Fiom-Cgil e della Fim-Cisl.
C’era anche lui, ieri sera, all’incontro con il prefetto Umberto Guidato. «Praticamente ci hanno detto che siamo su Scherzi a parte » se la prende. «Ci assicurano che questi atti contro gli operai non andranno da nessuna parte e che non si ripeteranno. Staremo a vedere». E mentre i dirigenti Ilva ripetono «siamo in regola, abbiamo applicato il decreto legge», sindacati e lavoratori si dicono comunque «molto preoccupati». La partita non è che all’inizio.