La sintonia quasi perduta
Si delinea una frattura che parte dalla società e si propaga a livello politico. Il leghismo e più in generale la destra radicale si percepiscono come portavoce della popolazione e delle sue paure Sicché viene meno il dialogo sui valori del mondo cattolic
Lega, moderati, Chiesa: si delinea una frattura che parte dalla società e si propaga a livello politico.
L’egemonia leghista sul centrodestra sta mandando in pezzi la sintonia col mondo cattolico, che sopravviveva al tramonto berlusconiano. E non a caso si manifesta sull’immigrazione, tema carissimo a papa Francesco ma anche alla Lega, sebbene da punti di vista agli antipodi. Per questo non deve sorprendere l’attacco che il quotidiano dei vescovi Avvenire ha fatto al presidente del Veneto. Luca Zaia è sempre stato considerato l’emblema di una sorta di «Carroccio dal volto umano»: moderato, inclusivo, sornione. Il problema è che le tensioni degli ultimi giorni lo hanno fatto allineare sulle parole d’ordine dell’«invasione».
Zaia ha solleticato la pancia malmostosa del proprio elettorato evocando «l’africanizzazione» della sua regione. Insomma, ha fatto sapere che l’intera Lega e tutto il centrodestra sono sul piede di guerra. Ritengono di avere scelto l’argomento «giusto» per additare le colpe del governo. Guai a farsi scavalcare nel «loro» Nord, e nemmeno a Roma o dovunque movimenti estremisti fomentano l’esasperazione italiana contro i profughi. Anche se bisogna ammettere che il modo approssimativo col quale l’emergenza è stata affrontata finora, contribuisce ad alimentare proteste sfociate in violenza.
L’uso strumentale del fenomeno sta tuttavia incubando potenziali mostri razzisti. Ed entra in rotta di collisione con un Papato che inaugurò i suoi pellegrinaggi con una visita a Lampedusa, primo approdo dei disperati del Mediterraneo; e che considera la marginalità e le periferie come il cuore della sua strategia. Probabilmente non è una scelta popolare, nell’Italia e nell’Europa di oggi. Basta registrare le intimazioni rivolte nel recente passato a Francesco dal segretario della Lega, Matteo Salvini; o le resistenze che continuano ad affiorare in Spagna e Polonia per accogliere una quota di quanti chiedono asilo.
L’immagine della bambina palestinese che piange davanti al cancelliere tedesco Angela Merkel perché non può più accogliere immigrati è diventata emblematica. Si delinea su questi temi una frattura che parte dalla società e si propaga, dilatata, a livello politico; e che può allargare il fossato tra i vertici della Chiesa e un’Italia spaventata. Fino a che esisteva un fronte moderato più o meno degno di questo nome, si scorgeva anche un blocco culturale che a intermittenza incrociava quelli della Chiesa. Non si trattava di collateralismo, perché gli orientamenti elettorali sono da tempo slegati dall’identità religiosa. Era piuttosto un insieme di affinità.
Uno degli effetti collaterali del predominio leghista è invece di rovesciare questo rapporto. Di più. Il leghismo, e più in generale la destra radicale, si percepiscono come portavoce della popolazione e delle sue paure anche contro il «Papa degli immigrati». Lo sfidano sul suo terreno, ponendo un’alternativa secca tra barricate e caos. Non solidarietà e sicurezza. Non accoglienza e in- tegrazione. Il problema viene declinato in modo semplicistico, e per questo efficace. Le periferie che nella visione di Jorge Mario Bergoglio dovrebbero essere il laboratorio di una ricostruzione del tessuto sociale, in questi giorni, in Italia, diventano prototipi della disgregazione.
Gli scontri tra gente che si sente abbandonata e forze dell’ordine, da Treviso a Casale di San Nicola, vicino a Roma, vengono usati e sublimati da chi le considera serbatoi ai quali attingere a piene mani voti e umori antisistema. E dalle regioni arrivano «no» a sobbarcarsi altri immigrati, che rispecchiano in formato ridotto i «no» tra le nazioni europee. Carroccio a Nord, CasaPound nella Capitale: il binomio è inquietante, e probabilmente destinato ad estendersi ad altre formazioni di colore politico diverso. Ma preoccupa ancora di più la sensazione che le loro posizioni facciano proseliti in settori crescenti della società.
Il governo naviga contro la corrente. Eppure è chiamato a trovare soluzioni in grado di placare la rabbia e disarmare quanti la alimentano. La speranza è che, nel frattempo, le aperture di papa Francesco non siano vissute con fastidio; e riportino un po’ di ragione e di tolleranza.