Gli scafisti gettano via l’insulina La piccola Raghad muore in mare
Il suo zainetto buttato in acqua. Il pianto del papà sbarcato in Sicilia dalla Siria
Nello zainetto alle spalle di Raghad Hasoun, undici anni, malata di diabete, c’erano pochi giocattoli e tante fiale d’insulina. Gli scafisti, nell’azione di spinta, di calci e pugni contro gli immigrati per farli salire su una barchetta destinata alla Sicilia, si sono ritrovati in mano lo zainetto e l’hanno buttato a mare. Il padre, in viaggio con moglie e sei bimbi, ancora non si sa se tutti suoi figli oppure anche nipotini, ha cercato di sporgersi per recuperarlo. Gliel’hanno impedito. Nella traversata, Raghad è entrata in coma. È morta. L’uomo, laureato in Economia, di nazionalità siriana, commerciante, col cellulare ha chiamato l’imam del suo paese. Per l’ultima benedizione. Poi la bimba è stata adagiata in mare. A bordo non poteva o non doveva più stare.
L’imbarcazione è rimasta nel Mediterraneo tra i quattro e i cinque giorni. Troppi, senza insulina. E anche un magistrato come Francesco Paolo Giordano, procuratore capo di Siracusa, già impegnato nelle inchieste sulle stragi di Capaci e via D’Amelio, nel confermare la notizia scovata da cronisti locali, nel ricordare l’agonia della piccola e nel raccontare quanto il papà ha messo a verbale, si costringe ad attimi di silenzio. Quell’uomo l’ha invitato a trovare gli scafisti. Senza avanzare pretese. Il dottor Giordano ha promesso che farà ogni cosa possibile.
Nell’ultimo anno, sulla costa di Siracusa è sbarcato il quarantacinque per cento degli immigrati arrivati nell’isola. Giovedì il signor Hasoun si è presentato spontaneamente davanti agli investigatori. Ha chiesto di essere ascoltato. Ha iniziato a parlare. L’hanno invitato a ripetersi. E lui l’ha fatto. Parola per parola. Ha mostrato il passaporto di Raghad. Altri immigrati, testimoni oculari, hanno confermato la versione. In Procura, al momento, hanno peso leggero i dubbi sulla veridicità dei fatti. È probabile, è quasi certo. La barbarie degli scafisti ha abituato all’inimmaginabile.
La famiglia Hasoun, in queste ore, è stata divisa e trasferita in centri d’accoglienza. Sia gli adulti sia i bambini, a quanto è dato sapere, hanno conservato i passaporti, fondamentali per l’obiettivo finale: raggiungere la Germania, dove il padre ha amici che potranno aiutarlo. Per esempio a Bolzano e al Brennero, snodi fondamentali per lasciare l’Italia, che la maggioranza degli immigrati considera un’opportunità minore rispetto alla stessa Germania e alle nazioni scandinave, più efficaci nella gestione dell’iter per i profughi, a giorni alterni ci sono intensi controlli nelle stazioni ferroviarie. Poliziotti e carabinieri hanno l’ordine di far salire sui treni soltanto chi esibisce i documenti. E i documenti non sono i biglietti, pur pagati caramente, quanto il passaporto. Altrimenti si sta a terra.
Dalla Siria la famiglia Hasoun aveva raggiunto l’Egitto. Aveva atteso una settimana prima d’imbarcarsi. Il papà, ci è stato detto, aveva impegnato ogni avere per la traversata; quant’era stato accantonato, lo aveva usato per comprare la scorta d’insulina di Raghad.