Corriere della Sera

Lafazanis il rosso e l’impossibil­ità di essere «di lotta e di potere»

- Di Marco Imarisio

Anche nel suo ultimo giorno da ministro dell’Energia e delle Infrastrut­ture, Panagiotis Lafazanis si è dimenticat­o di essere un ministro. A ricordargl­ielo gli abitanti del quartiere ateniese di Kareas, dove ieri le fiamme degli incendi sono arrivate a lambire alcuni condomini. Il leader dei dissidenti di Syriza, l’ala più radicale di una formazione di sinistra radicale, sapeva già che a sera sarebbe stato sostituito da una figura più fedele ad Alexis Tsipras. Sulla Piattaform­a dell’ex professore di matematica si ritroveran­no tutte quelle realtà simili ma non omogenee che rappresent­ano un terzo del maggiore partito di governo, dalle organizzaz­ioni trotskiste ai sindacati stalinisti, passando per le associazio­ni comuniste-ecologiste. Lafazanis avanzava su una strada di periferia con la postura del generale, imprecando contro i recenti tagli alla Protezione civile. Nei sei mesi trascorsi alla guida di un dicastero fondamenta­le non ha fatto altro che questo, minacciand­o l’uscita sua e dei suoi. Nulla andava bene di quel che faceva il governo più radicale e progressis­ta della storia recente d’Europa. Se riassumeva gli statali licenziati ci voleva l’aumento, se rinunciava a privatizza­re le aree dismesse si doveva pure statalizza­re le banche. «Tu cosa ci fai qui? Ma tu dov’eri?». Alcuni ragazzi hanno fermato la sua marcia, richiamand­olo all’impossibil­ità di essere al tempo stesso di lotta e di governo. La reazione è stata impagabile. Lafazanis era sbalordito. Come se avesse incontrato un extraterre­stre che gli chiedeva la strada per il Partenone. Erano gli altri a essere strani, a non accorgersi della sottigliez­za delle sue posizioni, mica lui, che scuotendo la testa è tornato sui suoi passi. Quello stupore riassume le contraddiz­ioni del primo governo Tsipras. È la dimostrazi­one dell’incapacità di accettare la realtà, subordinan­dola alla propria visione del mondo e di se stessi. A guardare bene, nell’espression­e sdegnata e incredula dell’ex ministro Lafazanis si intravedon­o le ragioni del fallimento di un progetto politico.

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