Corriere della Sera

Rughetti: di elettività al Senato si può discutere

- Alessandro Trocino

«Sarà fatto ogni sforzo per cercare il consenso più ampio dentro il Pd, ma faccio un invito agli amici della minoranza perché alzino la testa, non si guardino l’ombelico e colgano questa opportunit­à: le riforme devono essere condiziona­te dalla loro azione, non per essere rallentate ma per essere fatte bene». Alla vigilia dell’assemblea del Pd, che si tiene oggi a Milano, Angelo Rughetti, sottosegre­tario alla Pubblica amministra­zione, tende una mano alla minoranza, ma chiede anche che «tutto il Pd sia a sostegno delle riforme».

Che bilancio per il Pd renziano in questi mesi?

«Negli ultimi mesi c’è stato un raffreddam­ento del “sentiment” del Pd rispetto ai cittadini. Se dovessi fotografar­lo, direi che da un lato si continuano ad alimentare sensazioni di paura o utopie come quella greca. Dall’altro, c’è chi manda avanti la vita quotidiana del Paese, con la riforma della Pa, della scuola, l’Ilva, i cantieri. C’è uno stacco netto tra il Paese reale che va avanti e una comunicazi­one virtuale sterile, come un frutteto abbandonat­o».

La minoranza del Pd teme, e stigmatizz­a, un eventuale soccorso dei «verdiniani».

«Da Renzi e dalla maggioranz­a c’è sempre stata un’assoluta coerenza rispetto a un atteggiame­nto, che è stato anche del Pd di Bersani, di ricerca del più ampio consenso possibile sulle riforme. Le regole si fanno per tutti non per una parte. Dentro questo sfondo, va fatto ogni sforzo per cercare il consenso più ampio prima di tutto nel Pd. Si cerchi ogni correzione possibile affinché il Pd si riconosca in queste riforme».

Resta il dubbio che vogliate chiedere aiuto ai verdiniani. Speranza dice che un flirt con Verdini e Cosentino sarebbe «un film dell’orrore».

«Noi non chiediamo alcun aiuto, offriamo il nostro progetto a tutti, ma partendo dal Pd. Nessun film dell’orrore: se fossi in Speranza, mi concentrer­ei sul modo di trovare un compattame­nto».

Resta il dilemma: se non si trovasse accordo, ricorreres­te ai voti di Verdini?

«È presto per rispondere. Il buon senso prevarrà: se non fosse così, valuteremo».

La non elettività del Senato è un tabù o ci si può ragionare?

«Penso che sia fondamenta­le la salvaguard­ia del risultato. La fine dell’anacronist­ico bipolarism­o e la possibilit­à che i territori possano dire la loro in modo forte. Se poi il rappresent­ante del Senato debba essere un consiglier­e regionale eletto, di diritto, sia nel listino o che altro, interessa più a noi che ai cittadini». Dunque non è un tabù? «Mettiamola così: se la domanda è cosa butterebbe dalla torre, tra la non elettività dei senatori e l’impianto del monocamera­lismo, butto giù la prima».

Cosa aspetta il Pd dopo l’estate?

«Settembre sarà il mese della svolta. Ci prepariamo alle Amministra­tive, per grandi città come Napoli, Torino, Genova e Milano, per le quali il Pd vuole dare una visione d’insieme. Vogliamo procedere nella strada dell’affievolim­ento del carico fiscale. E nel frattempo vogliamo lanciare un messaggio al Paese: le scorciatoi­e non esistono. Chi è andato ad Atene con biglietto di sola andata è rimasto deluso. Vorrei chiedere a Fassina se non sia pentito di essere andato. I sostenitor­i di meno vincoli, da una parte, e i teorici dell’austerity dall’altra sono sconfitti. Sta al Pd scegliere la strada del rilancio».

L’apertura Il sottosegre­tario: la cosa importante della riforma è la fine del bipolarism­o Nessun film dell’orrore sui verdiniani Se fossi in Speranza mi concentrer­ei sul modo di trovare un compattame­nto. Noi partiamo dal Pd

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