Rughetti: di elettività al Senato si può discutere
«Sarà fatto ogni sforzo per cercare il consenso più ampio dentro il Pd, ma faccio un invito agli amici della minoranza perché alzino la testa, non si guardino l’ombelico e colgano questa opportunità: le riforme devono essere condizionate dalla loro azione, non per essere rallentate ma per essere fatte bene». Alla vigilia dell’assemblea del Pd, che si tiene oggi a Milano, Angelo Rughetti, sottosegretario alla Pubblica amministrazione, tende una mano alla minoranza, ma chiede anche che «tutto il Pd sia a sostegno delle riforme».
Che bilancio per il Pd renziano in questi mesi?
«Negli ultimi mesi c’è stato un raffreddamento del “sentiment” del Pd rispetto ai cittadini. Se dovessi fotografarlo, direi che da un lato si continuano ad alimentare sensazioni di paura o utopie come quella greca. Dall’altro, c’è chi manda avanti la vita quotidiana del Paese, con la riforma della Pa, della scuola, l’Ilva, i cantieri. C’è uno stacco netto tra il Paese reale che va avanti e una comunicazione virtuale sterile, come un frutteto abbandonato».
La minoranza del Pd teme, e stigmatizza, un eventuale soccorso dei «verdiniani».
«Da Renzi e dalla maggioranza c’è sempre stata un’assoluta coerenza rispetto a un atteggiamento, che è stato anche del Pd di Bersani, di ricerca del più ampio consenso possibile sulle riforme. Le regole si fanno per tutti non per una parte. Dentro questo sfondo, va fatto ogni sforzo per cercare il consenso più ampio prima di tutto nel Pd. Si cerchi ogni correzione possibile affinché il Pd si riconosca in queste riforme».
Resta il dubbio che vogliate chiedere aiuto ai verdiniani. Speranza dice che un flirt con Verdini e Cosentino sarebbe «un film dell’orrore».
«Noi non chiediamo alcun aiuto, offriamo il nostro progetto a tutti, ma partendo dal Pd. Nessun film dell’orrore: se fossi in Speranza, mi concentrerei sul modo di trovare un compattamento».
Resta il dilemma: se non si trovasse accordo, ricorrereste ai voti di Verdini?
«È presto per rispondere. Il buon senso prevarrà: se non fosse così, valuteremo».
La non elettività del Senato è un tabù o ci si può ragionare?
«Penso che sia fondamentale la salvaguardia del risultato. La fine dell’anacronistico bipolarismo e la possibilità che i territori possano dire la loro in modo forte. Se poi il rappresentante del Senato debba essere un consigliere regionale eletto, di diritto, sia nel listino o che altro, interessa più a noi che ai cittadini». Dunque non è un tabù? «Mettiamola così: se la domanda è cosa butterebbe dalla torre, tra la non elettività dei senatori e l’impianto del monocameralismo, butto giù la prima».
Cosa aspetta il Pd dopo l’estate?
«Settembre sarà il mese della svolta. Ci prepariamo alle Amministrative, per grandi città come Napoli, Torino, Genova e Milano, per le quali il Pd vuole dare una visione d’insieme. Vogliamo procedere nella strada dell’affievolimento del carico fiscale. E nel frattempo vogliamo lanciare un messaggio al Paese: le scorciatoie non esistono. Chi è andato ad Atene con biglietto di sola andata è rimasto deluso. Vorrei chiedere a Fassina se non sia pentito di essere andato. I sostenitori di meno vincoli, da una parte, e i teorici dell’austerity dall’altra sono sconfitti. Sta al Pd scegliere la strada del rilancio».
L’apertura Il sottosegretario: la cosa importante della riforma è la fine del bipolarismo Nessun film dell’orrore sui verdiniani Se fossi in Speranza mi concentrerei sul modo di trovare un compattamento. Noi partiamo dal Pd