Corriere della Sera

Dan Peterson, lo choc per la sua «Chattanoog­a»

- Federico Thoman © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Gli italiani hanno forse sentito nominare per la prima volta Chattanoog­a grazie a lui, Dan Peterson. Col suo accento inconfondi­bile in un celebre spot televisivo a cavallo degli anni 80 e 90. La cittadina del Tennessee è però un posto che il 79enne storico allenatore e commentato­re di pallacanes­tro conosce bene. La sua prima moglie, oggi scomparsa, era originaria della città statuniten­se. Lì Peterson andava spesso durante gli anni di lavoro in Italia.

Coach, ha sentito qualcuno dopo l’attentato?

«Uno dei miei figli abita ancora lì. Mi ha detto che tutti sono sconvolti per quanto accaduto. Non solo per l’efferatezz­a del gesto, ma anche perché nel centro di reclutamen­to dei marines non c’erano persone armate. Come è possibile?».

Secondo lei sarebbe cambiato qualcosa?

«Ripeto: perché le forze armate non erano… armate? C’è un grande dibattito negli Stati Uniti sul possesso d’armi. Io sono la persona meno politica del mondo, mi definirei anti-politico: ma pensare che confiscare da un giorno all’altro le armi a tutti gli americani risolva questi problemi è ingenuo, ok? Chi compie gesti come questo è un codardo, e il vigliacco colpisce dove è più facile».

La vita sarà diversa d’ora in poi a Chattanoog­a?

«No, non cambierà nulla. L’attentator­e non ha voluto colpire la città, ma gli US Marines. Chattanoog­a è una realtà di provincia, apprezzata per la qualità e la tranquilli­tà della vita. Domani (oggi, ndr) devo andare a Parigi, dove a gennaio c’è stato l’attentato a Charlie Hebdo. Ma vado sereno: life goes on. La vita va avanti».

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