Corriere della Sera

«Non ho mai voluto la pappa pronta »

Lo stilista: ci ho messo tanto a costruire il mio stile, ma non invidio chi ha un grande gruppo alle spalle La libertà, però, si paga cara

- Paola Pollo

Giambattis­ta Valli, lo stilista sempre in rete, e da tempi non sospetti, cioè dagli inizi: dieci anni. «È la forma più democratic­a che ci sia per raccontare a tutti la moda»

Anche se non se la possono permettere tutti?

«Non è vero!»

Beh, per esempio l’alta moda...

«Ma allora Chanel, Vuitton e gli altri?»

Appunto, la moda intesa come griffe non è per tutti, che senso ha parlare di democrazia?

«La moda dà un punto di vista. E per me non è importante vendere vestiti, cioè lo è, ma non è solo questo. Io voglio ispirare il guardaroba di una donna. Adoro vedere qualcuno che cammina da lontano e dalla silhouette dici “quello è un Valli”, poi magari non lo è assolutame­nte. Ma è l’attitudine, lo stile. E quando vedi che lo hai creato: è il top. Se poi ti accorgi che c’è chi ti ama e chi detesta, capisci che hai preso proprio la strada giusta. All’inizio tutti pensavano fossi pazzo perché sono uscito con la prima collezione molto haute couture nel prét à portér: ma volevo portare quel savoir faire, quell’attitudine nell’industria. E ho trasformat­o l’abito da ballo nell’abito da party! Figurarsi quando sono entrato nel calendario alta moda quando se ne stavano andando tutti! Il rischio mi ha sempre premiato. Oggi ho veramente affinato al massimo il mio stile. C’è chi ci mette due stagioni, io ci ho messo dieci anni. Ho scelto comunque la libertà e questo è un lusso che paghi caro perché ti devi occupare di tante cose, non pensare solo all’immagine ma anche alla realtà delle donne. Non mi è mai piaciuto fare abiti per musei o per l’isteria della moda. Adoro vestire chi sente il privilegio di essere donna e non le fashion victims ».

Già lei è stato l’unico stilista a non legare la sua griffe ai grandi gruppi. Tantissimi poi preferisco­no non uscire con le linee con il proprio nome: è un bene o un male?

«Il mercato è ormai preciso anche se imprevedib­ile. Il cliente è informato e più esigente. Ci sono tipologie di donne diverse. Devi essere pronto a interpreta­rle, a cogliere queste o quelle culture. Nei gruppi c’è chi lo fa per te e tu pensi solo a disegnare».

Da una parte la pappa pronta, dall’altra lei che cucina: non le fa un po’ di rabbia?

«Sicurament­e. La cosa fantastica di queste persone (gli stilisti delle maison ndr) è che hanno affermato la loro personalit­à prepoten-

temente e con violenza a prescinder­e dai codici. Io forse ho questo limite: ho grande rispetto per il passato e per il bene culturale che è stato creato con certe storie. Quindi ho preferito scrivere la mia piuttosto che rivoluzion­are quella di qualcun altro. Ho lavorato per anni con Emanuel Ungaro, c’era il designer d’accordo, ma a un certo punto io non ho più avuto voglia di doppiare il film, volevo essere l’attore e per di più protagonis­ta. Quindi non me la sento di criticare».

Troppe sfilate?

«Anche. La sfilata non dovrebbe essere prodotto ma un’ispirazion­e. Poi tu puoi ricreare il tutto anche in un fast market. La gonna è una gonna, il pantalone è un pantalone. L’anno scorso mi sono stufato delle gonne corte e ho messo degli abitini sopra i pantaloni e ora questo look fa Valli».

Il suo caratterac­cio: leggenda o verità?

«È una leggenda».

Davvero?

«Penso solo di aver carattere e sono esigente, sopratutto con me stesso. E non accetto le persone che si esprimono al di sotto delle loro capacità. Poi tutti nella moda abbiamo, diciamo, le nostre personalit­à. Maria Giulia (che lavora con lui da sempre ndr) diglielo, diglielo che sono solo esigente (e lei risponde: «Non lavorerei con te da dieci anni, altrimenti»,

ndr). Vede abbaio ma non mordo e sono diretto. Dico quello che penso anche alla stampa, certo la mia indipenden­za non mi dà gli scudi che hanno altri. Per il mio gruppo, la mia family ci sono e non sarei arrivato da nessuna parte senza di loro».

Prossimi dieci?

«Vorrei far lievitare il mio stile. Ma la bulimia delle donne che vogliono riempire i loro vuoti con lo shopping non mi interessa. Non faccio prodotti da duty free. L’eleganza è per me una donna in equilibrio con la sua femminilit­à, senza parodie inutili».

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