Carta e barattoli, ti racconto il picnic
«Cibi e oggetti devono servire a fare nuove amicizie». Così due food designer reinventano il valore e il significato dei contenitori per gli spuntini all’aperto
L a tovaglia è un rotolo di carta da parati, per i fingerfood sono pronti dei portauova di cartone, le monoporzioni andranno in barattoli da marmellata. Posate usa e getta pennellate dal colore, vecchie tele di lino al posto dei tovaglioli, vassoi di legno grezzo. Basta osservare Barbara Mantovani e Stefania Livraghi, ovvero Moi et Toi, nella preparazione di un invito per capire che cos’è per loro il food design: «Inventare una convivialità ogni volta diversa: cibi e oggetti di servizio devono metterci in relazione con gli altri, coinvolgerci. E farci divertire». Quanto di più lontano possibile da una messa in scena bella ma distaccata.
Professione e modo di essere, gli «ingredienti» sono gli stessi: «Abbiamo iniziato a occuparci di food design assieme tre anni fa — racconta Barbara —. Io facevo la stylist in uno studio, Stefania in un altro curava la grafica e la produzione, e spesso capitava di incontrarci a fiere e eventi. Una volta, rivedendoci e scoprendo entrambe di aver iniziato a lavorare da sole, ci è venuta voglia di unire le rispettive competenze. E la passione comune per il cibo e il ricevere». Doppia anima anche nel metodo: «Io sono riflessiva, con un approccio più organizzativo e rigoroso, Barbara adora la ricerca degli oggetti, sperimentare e fare d’istinto», spiega Stefania, mentre timbra dei sacchettini di carta: «Ecco, io da grafica, mi sono inventata l’uso di vecchi caratteri tipografici per scrivere parole, frasi o anche solo un’iniziale: Barbara ha pensato di utilizzarli per suggerire un cibo, indicare il nome di un commensale, rendere personale un contenitore».
Tutto nasce, spiegano, dall’osservazione di quello che abbiamo sempre sott’occhio: materiali basici, e il trucco è reinventarli. «La carta è uno dei nostri preferiti. Per esempio, si può apparecchiare sparpagliando sul tavolo pubblicità di moda prese da riviste o pagine un po’ ingiallite strappate da vecchi libri: in un caso l’effetto è sofisticato, nell’altro diventa romantico». Carta di ogni genere anche per proporre i cibi: «Dai sacchettini da panettiere ai sottotorta usati nelle cene in piedi al posto dei piatti da dessert, assieme alla posatina monouso coordinata. Per i fingerfood, i portauova da quattro diventano un kit individuale, altrimenti recuperiamo le basi a scomparti in cartoncino ruvido delle cassette della frutta: colorate, capienti, da usare come vassoi di servizio » . Altri must, il legno e il vetro («Assi anonime da trasformare in piatti da portata lunghissimi, bottigliette dei succhi e barattoli da marmellata riutilizzati per servire bibite monodose, caponatine e dolci al cucchiaio, oppure trasformare in bicchieri») e tutto quanto ha una storia, scovato tra mercatini e rigattieri. Pezzi preferiti? «I vecchi cestini di vimini: li usiamo con i sacchettini di carta per proporre mix di frutta secca. E tanti cucchiai, grandi e piccoli, argentati, di peltro, acciaio, mestolini… ideali per gli appetizer e i dolcetti cremosi».
I cibi, ideati all’insegna della naturalezza: «Non amiamo il troppo manipolato, lavoriamo con piccoli produttori e con chef “in diretta”, anche con la partecipazione degli ospiti». Perché per loro il coinvolgimento è fondamentale: «Niente di più divertente di una convivialità attiva», affermano, raccontando di aver proposto, a chi ha un giardino, un invito a picnic: «Gli ospiti ricevono il set completo da single o coppia: al posto del cestino, una cassetta della frutta “timbrata” con il proprio nome, con tortine salate impacchettate nella carta oleata e chiuse da un filo di rafia, bottigliette “da riuso” di limonata o acque profumate, sacchettini del pane per le polpettine di carne o vegetariane, barattoli monodose con il couscous e la bavarese. Più una tovaglia in lino grezzo a quadrettoni da disporre sul prato. Si trova il proprio angolo, si apparecchia e la cassetta, capovolta, diventa un tavolino o la seduta». Tramonto del buffet? «Preferiamo il servizio a passaggio: più dinamico, i cibi non stazionano, crea l’effetto sorpresa». Confermato invece il ritorno dell’invito seduti: «C’è un grande ritorno delle belle tavolate: basta prevedere grandi zuppiere e piatti da portata messi al centro (e cibi adatti), e ciascuno si serve da sé: senza camerieri e con tanto divertimento in più». Sì ai servizi da tavola con un sapore, niente piatti quadrati e allestimenti «finti», sostengono. Insomma, nel food design, oggi trionfa la spontaneità.