L’Italia violenta di Lupin
Storie di affaristi, politici assassini, calcio corrotto: ritratto pulp del nostro Paese nella nuova serie tv
Sono passati 30 anni, ma lui è sempre uguale. Certo essere un cartone animato aiuta più del botox: eccolo di nuovo Lupin III, il fenomenale nipote di Arsenio Lupin, accompagnato dai soliti complici. Jigen con la sua pistola da tre colpi al secondo, infallibile, nonostante il cappellaccio nero calato perennemente sugli occhi. Goemon con la sua katana che può tagliare qualunque cosa e con la sua ferrea etica da samurai a cui deroga solo per aiutare i suoi compagni. Fujiko, la musa ispiratrice dei suoi colpi, qui però meno sexy e scollata che nelle versioni precedenti. E poi lui, il frustratissimo ispettore Zenigata, che continua la sua estenuante e vana caccia al ladro.
Apparso per la prima volta in Giappone nel 1967, Lupin III arrivò sugli schermi italiani più di dieci anni dopo: tre serie, 238 episodi in totale, con gli ultimi furti che furono animati nel 1985. Ora, dopo un buco di 30 anni torna a colpire, in anteprima mondiale su Italia 1 a partire dal 29 agosto. Scelta non casuale quella del nostro Paese perché la nuova serie di 26 episodi da mezzora si intitola Lupin III: L’avventura italiana (la sigla è firmata dal rapper Moreno). Una location scelta per il fascino planetario che evidentemente il nostro Paese suscita, con luoghi un po’ più intriganti del Monte Fuji. Ma c’è anche il rovescio della medaglia, perché se sulla bellezza estetica non si discute, sulla bellezza etica rimane più di un’ombra e gli italiani nel cartone non ne vengono fuori benissimo: si parla di ricatti nel mondo del calcio (difficile non pensare a Calciopoli), si racconta di un politico disposto a uccidere. Dire che è il ritratto dell’Italia di Renzi (il cartoon è stato prodotto quest’anno) probabilmente sarebbe attribuire significati superiori alle intenzioni degli sceneggiatori giapponesi, però negli anni siamo stati così bravi a esportare il Made in Italy del malaffare anche all’estero che ora finalmente ce lo riconoscono.
La prima puntata (a San Marino) si apre con una sorpresa. Fede al dito, Lupin è all’altare, pronto a sposarsi. Al suo fianco però non c’è la sua fissazione Fujiko, ma l’ereditiera di una catena d’alberghi con un passato da modella che finisce spesso sui giornali di gossip: una Paris Hilton di cartone non molto distante dalla Paris Hilton di plastica che conosciamo, a cui però non difetta il senso dell’umorismo. Maliziosa e per niente scandalizzata si chiede se l’uomo infuriato che vuole interrompere la cerimonia (l’ispettore Zenigata) non sia per caso il fidanzato geloso di Lupin.
Sempre leggero dunque, ma forse meno ironico dei precedenti, il nuovo Lupin vira anche su tinte pulp che spiegano la scelta di Italia 1 di mandarlo in onda in seconda serata. I fan noteranno poi la giacca. In questa nuova serie è blu, perché uno dei tratti distintivi delle tre serie precedenti era proprio nel cambio cromatico (il prisma era partito dal verde per passare al rosso e quindi al rosa). Infine un segno dei tempi: Lupin sembra aver abbandonato le sue Gitanes, forse perché vederlo fumare sarebbe stato di cattivo esempio. Un tipico cortocircuito da salutisticamente e politicamente corretto. Ladro va bene, ma — mi raccomando — che non fumi.