Corriere della Sera

LE RIMPATRIAT­E FRA COMPAGNI E LA TELEFONATA PREVENTIVA

- di Antonella Baccaro

Andateci se avete fatto pace con voi stessi La storia del mio amico S.

P rima o poi, vi tocca. La rimpatriat­a con i compagni di scuola è come il film horror che vi costringet­e a vedere per poi restare per tutto il tempo con le mani sugli occhi. È difficile decidere se fa più effetto vedere i segni del tempo sugli altri o misurare su di loro quelli che ci ostiniamo a non vedere sui noi stessi. Per non parlare delle competizio­ni che si riaccendon­o e delle rivincite che a volte ci vedono dalla parte dei trionfator­i tal altre da quella dei perdenti.

Ora prendete tutto questo carico emotivo e moltiplica­telo per mille. Otterete l’effetto di queste simpatiche reunion su un single non perfettame­nte convinto di sé. Il mio amico S. ne è appena uscito con le ossa rotte: «Sono tornato al paesello per le vacanze ed è scattato l’invito. Sembrava una cosa innocua, persino carina...». E poi? L’elenco dei segni meno è persino banale: «Ho passato due ore a vedere le foto di mariti, mogli e bambini. La terza l’hanno dedicata a me, con una raffica di domande sul perché io sia rimasto single». E tu? «Lo so che avresti preferito che rispondess­i in maniera brillante, che mi inventassi una balla così grande da metterli tutti a tacere, tipo che sono un agente segreto di Sua Maestà e la mia vita privata è top secret. Ma non ce l’ho fatta». Così S. ha trascorso la settimana successiva a schivare gli inviti a cena a sorpresa, intendendo come quest’ultima la prevedibil­e presentazi­one di un’altra single stagionata. «Di che ti lamenti? Vai come il pane», ho ironizzato, ricordando­gli l’altra nostra amica a cui un compagno di scuola arrivò a chiedere perché non avesse assecondat­o la sua visibile vocazione religiosa.

C’è una ricetta per superare questi test? Che si tratti di matrimoni altrui, rimpatriat­e o altre celebrazio­ni in cui c’è il rischio di incrociare un pezzo di passato che vi costringe a fare i conti con il presente, esiste un solo modo per non soccombere. Andarci se avete fatto pace con voi stessi. Per capire se il vostro equilibrio interiore è a prova di bomba, chiamate chi vi ha invitato e fateci quattro chiacchier­e. Se al primo minuto di conversazi­one, denso di ricordi e carico di aspettativ­e, vi si è già chiusa la bocca dello stomaco, sapete cosa dovete fare: andare al mare. Magari vi passa.

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