Quella pianta «traditrice» che sa coprire il vero problema
Nei circoli più informati, da un po’ gira il nome di una piantina sudamericana, presentata come fantastica coprisuolo e alternativa al prato a bassissima manutenzione, la lippia. A prima occhiata sembra aver solo pregi: ne bastano cinque al metro quadrato, annaffiarle solo finché non iniziano a crescere, poi si possono ridurre le annaffiature fino a cessarle del tutto; non ha bisogno d’esser rasata visto che non supera i 5cm al sole e arriva a malapena al doppio in ombra; copre il terreno velocemente con i suoi stoloni orizzontali che radicano sotto ogni coppia di foglie; crea tappeti così fitti da limitare al massimo le erbacce; fiorisce di continuo attirando api e farfalline; resiste al secco, all’umido, al salso e al calpestio (dove addirittura si nanizza, diventando ancora più bassa ma smettendo di fiorire); non si ammala mai e non si arrampica sui tronchi di alberi e arbusti; sempreverde nei climi miti, pur spogliandosi resiste fino a -10˚ rinverdendosi in primavera. In realtà, da noi sotto il nome comune di lippia si celano due specie assai simili ed adattabili, la Phyla canescens (nella foto) e la P. nodifolia: la prima ha foglioline verde più grigiastro e appena dentate, con infiorescenze rosa-lilla slavato, mentre la seconda ha foglioline verde scuro, decisamente dentate e infiorescenze più biancastre. E proprio la loro adattabilità, vigoria e frugalità che da un lato fanno la gioia di giardinieri senza tempo né acqua, dall’altro sono il vero problema. Sono vietate in gran parte dell’Australia e dell’America del Nord quali erbacce che sfuggono facilmente alla coltivazione invadendo aree naturali, dove prendono il sopravvento a scapito di piante autoctone, alterando catene alimentari ed ecosistemi. Bassa manutenzione e poca acqua sì, ma con la lippia il gioco non vale la candela. carlocontesso@yahoo.com