Renzi vuole votare prima in Sicilia e nella Capitale
Il premier non intende far cadere subito Crocetta per evitare effetti domino
Sicilia e Roma al voto. Così Matteo Renzi vuol gestire le due crisi più scottanti. Tempi e modi sono importanti, come il premier ha spiegato ad alcuni parlamentari siciliani e ai fedelissimi.
Gli tocca in sorte un compito paradossale. Difendere, alle prossime amministrative, le posizioni dei sindaci che alle primarie hanno battuto i candidati del Pd di Bersani.
A Milano come a Napoli, a Cagliari come a Genova, e così proseguendo, siedono sulla poltrona di primo cittadino, tranne che a Torino e a Bologna, tutti gli esponenti della sinistra che hanno inflitto una sonora sconfitta ai rivali «Democrats» buttati nell’agone delle primarie dal precedente segretario. Solo che adesso quelle città sono considerate del Pd, quindi, se vengono perse, chi perde è lui: Matteo Renzi.
Come se non bastasse, a complicare una situazione già di per sé più che aggrovigliata, si sono aggiunte delle situazioni nuove. In Sicilia c’è Rosario Crocetta, che non va più per la maggiore nell’isola. E non solo per la storia della presunta intercettazione che lo coinvolgerebbe. Il Pd, nei panni nuovi di Davide Faraone, e in quelli vecchi di Totò Cardinale, vorrebbe andare subito alle elezioni per sostituirlo.
Dal Nazareno non sono affatto contrari ad abbandonare Crocetta al suo destino. Però ci vogliono tempi e modi. Come ha spiegato lo stesso premier Matteo Renzi ad alcuni parlamentari siciliani e ai fedelissimi. Non si tratta solo della storia dell’intercettazione, della cui veridicità ancora non si sa nulla. È un’altra la questione che preoccupa il presidente del Consiglio, sempre attento a evitare passi falsi, soprattutto in questa fase in cui di svarioni ce ne sono stati fatti sin troppi. «Se sfiduciamo Crocetta e lo costringiamo alle dimissioni ora e andiamo alle elezioni subito — è stato il succo del ragionamento del presidente del Consiglio — rischiamo un effetto domino sulle amministrative, perché sappiamo tutti come può andare a finire il voto in Sicilia».
Già, è uno di quei casi in cui si può tranquillamente dire che da una sconfitta ne nasce un’altra e poi una nuova ancora.
Per farla breve, far cadere Crocetta adesso sarebbe un errore, perché, per la legge elettorale siciliana, bisognerebbe andare al voto in ottobre. Il che significherebbe, spiega un autorevole esponente renziano, «regalare la regione a Beppe Grillo e far arrivare il Pd non secondo, bensì quarto».
Perciò il lavoro che il premier ha affidato nelle mani dell’abile e sempre cauto Lorenzo Guerini (e solo nelle sue) è quello di cercare di capire come puntellare la giunta siciliana fino a dicembre. Di lì a gennaio il passo è breve, poi si arriva in primavera e le regionali anticipate nell’isola si terranno con le amministrative. Esattamente ciò che Renzi vuole.
Ma il premier, a dire il vero, vorrebbe di più, per evitare che il Pd appaia come una forza politica «appannata», in «agonia», in preda ai potentati locali, «dove il primo che si alza crede di comandare senza pensare al bene comune di tutto il partito». Ossia chiarire una volta per tutte anche il “caso Roma”: «Non è detto che non si ripassi da Vespa», è la battuta che più di un fedelissimo gli ha sentito fare in questi gorni. Già, fu proprio a Porta a Porta, che il premier fece chiaramente intendere a Marino che poteva rimanere al suo posto solo se dimostrava di essere in grado di governare la città.
Di tempo ne è passato un po’ da quella volta e finora il sindaco, dicono al Nazareno, ha manifestato solo una certa difficoltà a mettersi in sintonia con i romani. Il riferimento è alla risposta stizzita che Marino ha dato a quella signora che lo contestava, e che ha spopolato su tutti i social network.
Per farla breve, si potrebbe votare in primavera non solo in Sicilia, ma anche nella Capitale...
Il «rischio M5S» Secondo il Pd andare alle urne in ottobre significherebbe regalare la regione a Grillo