LA PER LA DESTRA ITALIANA
avid Cameron, il leader dei conservatori inglesi, sta rovesciando uno schema che sembrava aver assegnato una volta per tutte i ruoli nel centrodestra europeo, nel mondo che un tempo si chiamava dei «moderati». Volendo dare un profilo ideologico netto al suo governo, Cameron ribalta l’idea che solo la destra delle barricate, urlatrice, estremista, radicale sappia parlare alle emozioni, mentre la destra responsabile è troppo prigioniera del suo pragmatismo, della sua cronica incapacità di avere idee, della sua sudditanza al linguaggio delle cifre e dei bilanci, della sua afonia culturale. Cameron no: dice che esistono due destre, e la sua sa proporre una visione delle cose. Come non si vedeva dai tempi di Margaret Thatcher.
Dai tempi della Thatcher e di Ronald Reagan, per l’esattezza. Cameron dice che il tempo del «multiculturalismo», fiore all’occhiello del modo britannico di integrare le culture diverse, è fallito. Che la sfida dell’Islamismo radicale non viene da lontano, ma si alimenta nel cuore della Gran Bretagna, con i suoi figli che ripudiano i valori della democrazia liberale, della tolleranza e della libertà, per abbracciare un’ideologia totalitaria di morte e fanatismo. Non è semplicemente un modo di dire. Il suo dirimpettaio Tony Blair, che pure aveva impresso una svolta radicale alla cultura dominante nella sinistra laburista, non aveva mai messo in discussione i pilastri del «multiculturalismo» fino al punto di arruolare come consulente una figura ambigua e proteiforme come Tariq Ramadan, persona indesiderata negli Stati Uniti. E gli stessi leader conservatori che l’hanno preceduto non hanno mai affrontato duramente la convivenza del diritto inglese con la presenza capillare dei tribunali islamici chiamati a comporre le controversie legali all’interno della comunità musulmana.
David Cameron rompe con i silenzi e la subalternità del mondo Tory e opera una frattura che si mette nel solco della rivoluzione thatcheriana. Che fu una rivoluzione idealista, anche se la cosa può sembrare inconcepibile per chi considera la Lady di ferro come una crudele cavaliera delle disuguaglianze e delle ingiustizie. Non è vero, la rivoluzione conservatrice thatcheriana e reaganiana fu la riscoperta dell’individuo, il risveglio dell’intraprendenza e della creatività, la distruzione creatrice degli spiriti animali del capitalismo, della proprietà diffusa, del ceto medio un po’ imbolsito spronato al benessere e al miglioramento. Il programma antimulticulturalista di Cameron arriva a pochi giorni dalla presentazione del Budget del Cancelliere dello Scacchiere George Osborne in cui un forte taglio del Welfare si accompagna a un aumento del salario minimo e a una consistente riduzione del torchio fiscale. Una rivoluzione che dovrebbe trasmettere anche un messaggio al centrodestra italiano, stretto tra il declino inesorabile del berlusconismo e l’impetuosa crescita dell’estremismo salviniano che rischia di trascinare per lungo tempo la destra nel recinto chiassoso della protesta e dell’opposizione eterna.
Quel che resta della destra di Forza Italia dovrebbe far tesoro della duplice lezione, elettoralmente confortata da ottimi risultati, di Sarkozy in Francia e di Cameron in Gran Bretagna. Tutti e due cercano un profilo netto, tutti e due si candidano come alfieri di un mondo che non vuole lasciare l’Europa in mano alla sinistra, tutti e due si richiamano a una politica che non mortifichi il dinamismo dell’economia di mercato e non sia impotente nelle politiche sull’immigrazione. Ma Sarkozy in Francia non arretra di fronte a una dura battaglia politica contro la destra di Marine Le Pen e Cameron traccia una netta linea di demarcazione con l’Ukip di Nigel Farage. Cameron porta avanti la sua rivoluzione conservatrice nel solco della lezione della Thatcher ma non si accoda al richiamo estremista di una destra protestataria ma incapace di governo. In Italia invece, sembra che non sia possibile altra destra che non si metta sulla scia di Matteo Salvini e delle sue ruspe anti rom e delle sommosse contro gli alloggi ai profughi. Ma la battaglia contro il multiculturalismo di Cameron non ha nulla da spartire con l’esibizione delle ruspe a favor di telecamere.
Il centrodestra di Cameron dimostra che in quel campo il monopolio delle emozioni non ce l’ha il massimalismo che urla ma le idee che governano. Una lezione che gli eredi del berlusconismo non dovrebbero sottovalutare.