Corriere della Sera

Caso «papello», archiviazi­one per Nagel

Il gip accoglie la richiesta del pubblico ministero: infondata la notizia di reato di ostacolo alla vigilanza Prosciogli­mento anche per Ligresti. Il ruolo di Mediobanca per il salvataggi­o di FonSai con Unipol

- Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

Il pm milanese Luigi Orsi ha chiesto e ottenuto dal gip Roberto Arnaldi l’archiviazi­one dell’amministra­tore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, per «infondatez­za della notizia di reato, in quanto gli elementi acquisiti non appaiono idonei a sostenere in giudizio l’accusa» di ostacolo all’attività di vigilanza della Consob in relazione al cosiddetto “papello”: cioè al foglio sottoscrit­to il 17 maggio 2012 da Salvatore Ligresti e Nagel su una possibile buonuscita da 45 milioni di euro e benefit vari per il costruttor­e siciliano e i tre figli Paolo-Jonella-Giulia, in cambio di un loro addio funzionale alla fusione PremafinFo­nsai-Unipol.

Per i magistrati quello era davvero «un patto che avrebbe dovuto rimanere segreto rispetto al mercato e alla vigilanza di Consob» anche se «Nagel dichiara di avere firmato» solo «per scongiurar­e il suicidio di Salvatore Ligresti. In realtà Ligresti, più che il proprio suicidio, minacciava di ostacolare l’operazione a cuore di Mediobanca » : sicché « la firma su quel documento, compromett­ente sotto ogni aspetto, anche solo reputazion­ale nel caso fosse venuta a galla», a Nagel «pareva ed era in quel momento il male minore per addomestic­are» e «rabbonire i suoi disperati e per lui pericolosi interlocut­ori» (o, nella prospettaz­ione di Nagel, per salvare il gruppo assicurati­vo di Ligresti e fonderlo con Unipol). Ma questo patto, pur esistente, pur segreto, e pur «potenzialm­ente idoneo a ingannare il mercato e la vigilanza di Consob», per i magistrati «ha perso effettivit­à non appena i Ligresti hanno votato in assemblea di Premafin l’operazione Unipol e si sono subito dopo indotti a denunciare l’esistenza del patto».

Che in partenza dovesse restare segreto è attestato per il pm «dall’incontro in una sede periferica di Mediobanca, all’insaputa di chiunque e in un locale nel quale Nagel vieta si portino telefoni cellulari » ; «dalle modalità» di «un foglio manoscritt­o»; dalla «conservazi­one del documento firmato, nelle mani dell’avvocato Maria Cristina Rossello, segretario del patto di sindacato di Mediobanca, amica personale di Nagel ma anche consulente legale dei Ligresti; e dall’atteggiame­nto di Rossello (ai limiti della violazione della legge) prima di consegnare il documento» al pm. Nagel ha dichiarato che, firmandolo, si era impegnato ad aiutare i Ligresti in una forma che non violasse la legge. «Ma — obietta la Procura — davvero non si indovina quale avrebbe potuto essere la modalità legale e soprattutt­o trasparent­e di accontenta­re i Ligresti assicurand­o a loro favore benefici riservati. Il fatto stesso di un patto che puntualizz­a questa direzione di marcia mette in pericolo il mercato», sicché «potrebbe sussistere» il reato di ostacolo alla vigilanza e persino «la più grave ipotesi della manipolazi­one di mercato».

Ma per queste fattispeci­e occorre che il pericolo sia concreto, e invece sempre il pm osserva che «in realtà il pericolo per il mercato non è diventato concreto perché, non appena la riottosa famiglia» Ligresti «si è indotta a votare l’operazione Unipol il 12 giugno 2012, il suo potere di condiziona­mento si è azzerato, e Nagel ha potuto tirar dritto per la sua strada senza dover più venire a patti con i Ligresti, ai quali è rimasto l’ultimo gesto di portare in Procura il documento » . Una mossa «che ha molto imbarazzat­o i soggetti coinvolti in questa opaca vicenda ma che, pubblicizz­ando il segreto, ne ha eliso il pericolo per il mercato».

E la famosa moral suasion di Vegas, volta a che i Ligresti uscissero senza favori? L’ostacolo alla vigilanza — ragiona l’archiviazi­one — in teoria potrebbe stare già nel fatto che «gli indagati Ligresti e Nagel hanno ritenuto di mettere in cantiere una operazione di pieno aggirament­o, nella misura in cui il presidente della Consob raccomanda una cosa e i destinatar­i dell’invito fanno l’opposto » . Ma paradossal­mente, ritengono i magistrati nell’archiviare Nagel (difeso dal prof. Mario Zanchetti) e Ligresti (difeso da Gianluigi Tizzoni), non c’è reato perché «la forma dell’editto di Vegas» è «irrituale (un suggerimen­to espresso a voce agli interessat­i, non un provvedime­nto amministra­tivo)», e perché «la sostanza» è «priva di contenuto tecnico-giuridico (l’indicazion­e non ha alcuna base normativa)»: la moral suasion di Vegas «pare francament­e atto estraneo all’esercizio della funzione di vigilanza, rappresent­ando semmai una sorta di opinione personale che infatti non ha coinvolto la Consob collegialm­ente».

Il mercato «In realtà il pericolo per il mercato non è diventato concreto»

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Alberto Nagel, ad di Mediobanca

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