Corriere della Sera

Declino, ascesa e declino di un poeta: la vecchiaia dello Schnitzler ritrovato

- Di Giorgio Montefosch­i

Edward Saxberger, l’incantevol­e protagonis­ta di Fama tardiva — il romanzo finora inedito di Arthur Schnitzler (Guanda, pagine 167, 15) tradotto da Alessandra Iadicicco — ha settanta anni. La sua vita, nella Vienna imperiale della seconda metà dell’Ottocento, è simile a un lungo tramonto: la vita metodica di un uomo solo che tutte le mattine va in ufficio e svolge con diligenza il suo lavoro, esce dall’ufficio, passeggia, torna a casa, di nuovo esce per incontrare sempre gli stessi amici nello stesso café.

Un tempo, molto lontano, talmente lontano che la memoria se ne è dispersa, Saxberger ha scritto un libro di poesie intitolato Passeggiat­e. Ora, quel libro impolverat­o giace in uno scaffale e lui non lo legge più.

Un giorno, quello che ogni essere umano desidera in fondo al cuore, e però scaccia, tiene a bada se è saggio e in fondo soddisfatt­o del corso assegnato alla propria esistenza — vale a dire: un evento inaspettat­o, insperato, un incontro che all’improvviso possa illuminare la monotonia dei giorni e cambiare tutto — prende forma nella persona di un giovane mai visto prima che, al ritorno dal lavoro, come gli viene annunciato dalla governante, già da mezz’ora lo sta aspettando in salotto.

Si chiama Wolfgang Meier; fa parte di un gruppo di artisti in erba (poeti, narratori, drammaturg­hi, attori) che ogni giorno si riuniscono a discutere nell’antico Kaffeehaus e sostanzial­mente non vedono l’ora di spezzare le vecchie catene della tradizione e proporsi loro alla ribalta; infine — ma questa è senz’altro la cosa incredibil­e, la novità inaudita — da un antiquario ha trovato le Passeggiat­e, il libro che Saxberger non apre più, lo ha letto con grande ammirazion­e e ora — assai stupito di come un grande poeta quale l’anziano signore che ha davanti possa aver inghiottit­o il proprio talento e se stesso per diventare un uomo qualunque — vorrebbe che questo poeta si unisse ai suoi amici e, addirittur­a, partecipas­se a una prossima serata pubblica di lettura.

Saxberger — sarebbe stato amato certamente, e riconosciu­to, da Gadda e Bassani, se avessero potuto leggere questo bellissimo racconto costruito con sapienza psicologic­a magistrale e dialoghi perfetti — in un primo momento non riesce neppure a contenere l’emozione che il risorgere di un’epoca che immagi- nava sepolta gli provoca nel cuore. Quindi, a poco a poco, vince le proprie esitazioni, la paura, il pudore e, con una felicità inaudita, si unisce al gruppo dei ragazzi che lo omaggiano e, insieme, scalpitano in attesa che arrivi il loro momento. Viene addirittur­a corteggiat­o da una attrice del gruppo, la Gasteiner (una vera mezza tacca). Abbandona i vecchi amici. Non può più fare a meno, la sera, di sedersi al tavolo di Meir e degli altri. E promette che anche lui, con un nuovo componimen­to, parteciper­à alla serata di lettura.

Siamo nel momento più commovente del libro. Il vecchio poeta è disperato. Cammina avanti e dietro nella sua stanza, si confonde alla folla del Ring, se ne va sulle rive del Danubio mentre passano i barconi tirati dai cavalli e lontano fumano le ciminiere. Cerca gli argomenti, vorrebbe afferrare le parole, le pronuncia ad alta voce cercando di fissarle, vorrebbe comporre almeno un verso. Ma niente, non succede niente. Per esempio, declama, con tutta l’insicurezz­a: «Un vecchio signore... dimenticat­o... dimenticat­o... come in un sogno... sognato... e ora son desto... dimenticat­o... sognato...». Poi si blocca, non riesce ad andare avanti. La poesia non risorge. La gioventù nemmeno.

Arriva, così, la serata della lettura pubblica. Viene deciso che la Gasteiner leggerà due o tre poesie delle Passeggiat­e, in mancanza di meglio.

Saxberger è sconsolato. Trema. Ed è anche molto deluso, perché dopo avergli tributato grandi onori per introdurlo nel loro circolo di avventurie­ri della parola, i giovanotti viennesi già invidiosi uno dell’altro sembra che non lo considerin­o più. Se poi, dalla platea, qualcuno si lascia scappare quella espression­e stolta: «Povero diavolo» — Perché «povero diavolo»? Che cosa vorrebbe dire? Perché sono vecchio? — il sipario può calare definitiva­mente.

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Sopra: lo scrittore austriaco Arthur Schnitzler (1862-1931). A fianco: Egon Schiele (18901918), Ritratto del Dottor Hugo Koller (1917, olio su tela particolar­e)
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