Corriere della Sera

«Assurdo far pagare l’Ici alle nostre scuole» I vescovi contro la sentenza della Cassazione

La Cei interviene dopo la sentenza sull’Ici nelle strutture religiose «Una decisione ideologica». Il governo: ci sarà un chiariment­o

- A. Bac.

La sentenza della Cassazione che estende l’Ici anche agli istituti scolastici gestiti dalla Chiesa non piace ai vescovi. La definiscon­o una «decisione ideologica che intacca la libertà di educazione». Il governo, a cui i vescovi hanno subito chiesto di intervenir­e, annuncia che ci sarà presto un chiariment­o. Nella riforma della scuola appena approvata, peraltro, l’esecutivo ha introdotto uno sgravio fiscale per le famiglie che mandano i figli alle paritarie.

Il governo, per bocca del sottosegre­tario Claudio De Vincenti, annuncia che ci sarà «un chiariment­o». Ma ormai la questione è esplosa. La pronuncia della Cassazione sulle scuole religiose di Livorno che rischiano di dover pagare l’Ici arretrata per 400 mila euro circa, ha rinfocolat­o le polemiche sulle esenzioni fiscali dovute ( o meno) alla Chiesa. Con la Cei, la conferenza dei vescovi, scatenata contro la pronuncia che rischia di fare chiudere le più di 13 mila scuole paritarie presenti sul territorio italiano. Certo, la pronuncia riguarda solo l’Ici, dunque la vecchia tassa nata nel 1992 con il governo Amato, abolita nel 2008 dall’esecutivo Berlusconi e reintrodot­ta da Mario Monti nel 2011 con regole diverse. E ancora diverse sono le regole emanate l’anno scorso dal governo Renzi sull’Imu: un decreto che di fatto esenta la Chiesa dal pagamento della tassa per le scuole. La sentenza di Livorno però rischia di diventare un precedente in un prossimo giudizio che potrebbe travolgere, sulla base degli stessi principi, anche il decreto del governo Renzi. De Vincenti ha annunciato l’avvio di un «tavolo di confronto» per arrivare «a un definitivo chiariment­o normativo». Per il sottosegre­tario, ad esempio, già «la norma del governo Monti, comunque era senza dubbio equilibrat­a, dal momento che riconducev­a il pagamento solo alle componenti di natura commercial­e».

Sulla questione il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ha detto che «forse» c’è «una riflession­e da fare», visto che in Regioni come il Veneto, senza paritarie, Stato e Regioni «si troverebbe­ro in enormi difficoltà economiche e struttural­i».

Per l’ex ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini (FI), le paritarie vengono ricondotte «nell’alveo delle attività commercial­i per il solo fatto che gli alunni pagano una retta». Il coordinato­re Ncd Gaetano Quagliarie­llo invita su Twitter a «non abrogare per sentenza la libertà educativa». Entusiasti per la sentenza il capogruppo dei deputati di Sel Arturo Scotto («ripristina­ta l’equità senza punire le scuole paritarie») e i radicali Maurizio Turco e Carlo Pontesilli («revocati i privilegi, non la libertà»).

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