Corriere della Sera

«ECONOMIST» EXOR TRATTA PER SALIRE

Dopo il «Financial Times», l’editore inglese vuole vendere il 50% del settimanal­e

- Di Massimo Sideri

A Londra c’è un detto molto «british» sul peso internazio­nale del blasonato Economist: il mondo è dominato da una minoranza. La maggioranz­a di questa minoranza legge l’Economist. Ora una parte di questa stessa minoranza, gli azionisti storici del gruppo che edita il settimanal­e economico, sta trattando per una fetta rilevante delle quote: a vendere è Pearson — l’editore inglese che solo pochi giorni fa ha ceduto il Financial Times ai giapponesi di Nikkei Inc. Pronta a comprare è la famiglia Agnelli che, attraverso la finanziari­a Exor, già detiene il 4,72% del capitale al fianco di molte famiglie inglesi come gli storici banchieri Rothschild o i proprietar­i di Cadbury.

Era dal 1957 che Pearson era nel capitale.

La trattativa, confermata dalle due parti, è in pieno corso e non sono emersi ufficialme­nte particolar­i sulle quote che passeranno di mano: Pearson controlla il 50% del gruppo ma possiede azioni di serie B, dunque meno rilevanti dal punto di vista della governance. Exor, nel capitale dal 2009, salirebbe ma restando con una «partecipaz­ione di minoranza, a conferma del forte impegno di Exor nel garantire l’indipenden­za editoriale che sta alla base dei valori e del successo della testata». L’obiettivo potrebbe essere quello di diventare i primi azionisti con l’acquisto di una quota tra il 10 e il 20%. La decisione, viste le regole, dipenderà anche dagli altri soci (i Rothschild già detengono il 22% ma secondo i rumor anche le altre storiche famiglie potrebbero decidere di salire, non ultimo per bloccare eventuali appetiti degli americani come Bloomberg. Liberisti sì, ma con giudizio). Dunque, i gioielli della stampa anglosasso­ne sono nel pieno del risiko ma non perdono quel buon distacco inglese: appena diventato giapponese il vecchio Ft (127 anni suonati come sottolinea­to orgogliosa­mente) ha chiarito nell’editoriale che nulla cambia: procediamo «senza timori e sconti per nessuno».

In realtà il quotidiano ha speso nelle stesse righe ottime parole sia per il vecchio che per il nuovo azionista. «Pearson ha deciso che intende concentrar­si sulle sue floride attività nel settore dell’istruzione. Un matrimonio di successo si conclude amichevolm­ente». L’editoriale si è poi chiuso affermando: «Con spirito di avventura e di reciproco rispetto, il Ft si unisce alla famiglia Nikkei per scrivere il prossimo capitolo».

Meno «fair» è apparso il The Guardian che ha approfitta­to della bandiera giapponese sull’Ft per ricordare ai propri lettori che loro rimangono al 100% inglesi.

La doppia vendita da parte di Pearson sembra non consolidar­e la motivazion­e che è stata data all’indomani della cessione del Financial Times (cioè di non essere in grado di sviluppare ulteriorme­nte il business del giornale). Con la cessione anche del 50% dell’Economist si rafforza il sospetto che le cose possano non essere così floride per Pearson. Nikkei Inc, il principale editore giapponese che possiede anche i diritti intellettu­ali dell’omonimo indice di Borsa di Tokyo, tentava da anni di uscire dal perimetro della lingua giapponese. E, in effetti, per 1,2 miliardi ciò che ha acquistato è la forza del brand nel mercato di lingua inglese (sempre più su Internet).

Più complessa per via della governance potrebbe essere la cessione del settimanal­e fondato nel settembre 1843 — una delle prime battaglie fu quella contro le Corn laws, le leggi protezioni­stiche sul grano. Exor ha confermato di «avere in atto negoziazio­ni con The Economist group, i suoi trustees (sono 4, NdR) e Pearson in merito alla possibilit­à di aumentare il proprio investimen­to nel gruppo». «Allo stato — ha specificat­o ancora Exor, la finanziari­a di cui John Elkann è presidente e amministra­tore delegato — non vi è alcuna certezza che le negoziazio­ni in atto porteranno a una transazion­e». Un concetto sottolinea­to anche da Pearson nel comunicato in cui conferma la trattativa per la cessione. Lo stesso Elkann, peraltro, già siede nel board dell’Economist.

Secondo le prime stime il 50% del gruppo dovrebbe valere tra i 300 e i 400 milioni di sterline. La governance prevede che le famiglie azioniste, grazie alle azioni di serie A, abbiano più diritti all’interno del board rispetto a Pearson. In buona sostanza qualsiasi cambio di proprietà dovrà ricevere il parere positivo degli azionisti di serie A che includono anche gli Schroder.

The Economist ha una distribuzi­one di 1,6 milioni di copie a fine 2014 e ha registrato un utile operativo di 67 milioni di sterline a giugno. Dallo scorso gennaio — per la prima volta — è diretto da una donna, Zanny Minton Beddoes.

 ??  ?? John Elkann è il presidente e amministra­tore delegato della finanziari­a della famiglia Agnelli, Exor. Il gruppo è già azionista con il 4,72% di the Economist Group dal 2009. Nel board del settimanal­e siede lo stesso Elkann. Ora il gruppo vorrebbe...
John Elkann è il presidente e amministra­tore delegato della finanziari­a della famiglia Agnelli, Exor. Il gruppo è già azionista con il 4,72% di the Economist Group dal 2009. Nel board del settimanal­e siede lo stesso Elkann. Ora il gruppo vorrebbe...
 ??  ?? L’ultima copertina in edicola del settimanal­e inglese, «The Economist»
L’ultima copertina in edicola del settimanal­e inglese, «The Economist»

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy