La Libia e il fondo da 79 miliardi «I gestori legittimi siamo noi»
Bouhadi, presidente del cda nominato da Tobruk: l’Italia non dia spazio agli uomini di Tripoli
suddiviso in quote di partecipazione in Unicredit (in bilancio a 1,39 miliardi di dollari), Eni (944 milioni), Finmeccanica (145 milioni), Enel, Fca e Juventus. «Per il momento non abbiamo piani per cambiare la nostra posizione in Italia » , spiega Bouhadi. Ma ciò che pare certo è che qualche situazione contraddittoria e confusa del recente passato dovrà essere chiarita. Ad esempio la rappresentanza del Lia come azionista nelle assemblee societarie. All’Unicredit e a Finmeccanica, in primavera, la presenza dell’ex chairman Lia, Abdulrahman Benyezza, «ci ha sorpreso, ma non dubitiamo di poter definire la questione nelle prossime settimane » . E quanto alla richiesta di un posto nel consiglio di amministrazione della banca (nel quale la Libia vantava un vicepresidente, vista la contemporanea presenza tra i soci anche della Banca centrale) «ne stiamo discutendo, decideremo in uno dei nostri prossimi consigli». Anche all’assemblea dell’Eni il voto del Lia (42 milioni di azioni) è stato esercitato da un rappresentante (Hisham Taher) non espressione del fondo di Bouhadi.
Ma al di là delle partecipazioni italiane è facile capire come la questione della legittima rappresentanza del fondo sovrano libico non sia indifferente per tutto lo scacchiere politico, economico (e militare) del Mediterraneo e del Medio Oriente, vista la sua potenza finanziaria. «Il valore globale delle nostre attività è di circa 70 miliardi di dollari, di cui 9 in Libia e il rimanente all’estero», dice Bouhadi. Si va da proprietà immobiliari nel centro di Londra a zone agricole dell’Egitto, da società di telecomunicazioni in Africa a resort turistici. Nella sola Europa si spazia da quote in Siemens e Bayer, Basf e Allianz, fino a Telefonica, Deutsche Telekom, Orange e Vivendi. Ecco perché, si legge in controluce nelle parole di Bouhadi, sarebbe preferibile che la comunità internazionale «si prenda le sue responsabilità» nel controllo di questa massa finanziaria. «Se si vuole proteggere il governo libico si devono anche proteggere gli asset libici», sostiene. Va detto, in ogni caso, che buona parte di questi beni sono ancora «congelati» e che Bouhadi