Il profilo
«Se ho seguito la vicenda dei tecnici italiani? Certamente sì, e di quanto accaduto sono molto dispiaciuto. Prego perché possano far ritorno presto alle loro case e alle loro famiglie. È una situazione che il mio Paese sta purtroppo soffrendo da almeno due anni e per questo spero che un governo di unità nazionale possa subito essere costituito».
Non si può dire che i motivi di preoccupazione manchino ad Hassan Bouhadi, 43 anni, libico, dal 29 settembre 2014 presidente del Lia ( Libyan Investment Authority), il fondo sovrano nato nel 2006 ai tempi della Jamahiriya di Gheddafi. Bouhadi, che fa riferimento al governo «internazionalmente riconosciuto» di Tobruk, ha un gran daffare in queste settimane per ricordare alla comunità mondiale che è lui il legittimo presidente del Lia, e che le pretese del suo «rivale», Abdulmajeed Breish, che fa riferimento a una sentenza della Ieri sul l’intervista al ministro degli Esteri Gentiloni Corte d’Appello di Tripoli (dove opera Alba libica), sono «solo una distrazione» senza fondamento. «La questione tutto sommato è semplice - spiega Bouhadi - il Lia è governato dalla legge e incorporato nel sistema democratico libico. La Camera dei rappresentanti è l’unico governo eletto riconosciuto internazionalmente, da essa dipende il Consiglio dei Trustees del Lia che a sua volta nomina il Consiglio dei direttori, che si incontra ogni mese e di cui sono presidente. La comunità internazionale e i decision makers - aggiunge - hanno l’obbligo e la responsabilità di lavorare solo con le istituzioni espressione del governo libico eletto, come appunto il Lia».
Una responsabilità, fa intendere, valida quindi anche per l’Italia, che ad oggi rappresenta uno dei maggiori investimenti del fondo sovrano libico, pari a circa 2,6 miliardi di dollari e
Hassan Bouhadi (sopra) è il presidente del Lia (