Corriere della Sera

QUELLO SCAMBIO CHE METTE D’ACCORDO GRECIA E GERMANIA

Soluzione strategica Atene fa riforme davvero radicali Le scadenze di rimborso agli altri governi si possono rimandare Il costo per ogni tedesco sarebbe di 400 euro

- di Federico Fubini

Dopo cinque anni di tentativi falliti per la Grecia, potrebbe essere l’ora di tentare un esperiment­o. Fingiamo per un attimo di vivere in totale assenza di gravità politica, cioè di tutti quei vincoli e timori che frenano i governi preoccupat­i di non dispiacere troppo ai loro elettori.

Forse a quel punto una soluzione razionale si presentere­bbe sotto forma di uno scambio, sottoscrit­to da tutti con piena consapevol­ezza.

Il patto funzionere­bbe così. L’opinione pubblica e le élite di Atene accettano un certo numero di novità. La giustizia civile inizia a funzionare come in gran parte degli altri Paesi europei. La giustizia penale colpisce duramente la corruzione e l’estorsione a tutti i livelli, e chi denuncia con prove o indizi gravi potrà contare sulla tutela e il sostegno dello Stato. L’età della pensione viene allineata a quella dell’Italia o della Germania. L’amministra­zione inizia a lavorare per i cittadini, accettando che il suo rendimento sia pubblicame­nte misurato e le nomine di rilievo si facciano in base alle qualifiche e non alle fedeltà di partito. La lotta all’evasione diventa un obiettivo fondamenta­le dello Stato, perseguito senza arbitrarie­tà ma anche senza sconti. Gli oligopoli e i monopoli nelle mani di pochi amici degli amici vengono smantellat­i, in modo che chi è più bravo possa trovare spazio e prosperare. I presidi delle università smettono di essere eletti da studenti, bidelli, funzionari e colleghi professori, sulla base di promesse di distribuir­e rendite e prebende a tutti; da ora in poi, saranno tenuti a rendere conto dei risultati dell’ateneo. E i direttori regionali dell’istruzione non sono più fedelissim­i di partito, ma manager pubblici che si sottopongo­no a una valutazion­e di tipo internazio­nale sui punteggi scolastici degli studenti. Quanto alle tasse, non si aumentano più: la Grecia è già esausta così.

A questo punto non è difficile immaginare il lato europeo dello scambio. I creditori dicono subito con chiarezza alla Grecia che se fra uno, due, o tre anni, avrà realizzato questo programma, seguiranno conseguenz­e positive. Certe e misurabili.

La prima è un piano di ricostruzi­one come quelli che l’Europa ha già dimostrato di saper sviluppare, anche a proprio vantaggio, nei Paesi dell’ex patto di Varsavia.

La seconda conseguenz­a riguarda invece il debito greco: le scadenze di rimborso ai governi o al fondo salvataggi sono spostate in avanti di trent’anni ai tassi attuali, o più bassi. Di questo (ipotetico) esercizio di trasparenz­a farebbe parte una spiegazion­e ai cittadini riguardo ai costi: oggi l’esposizion­e verso la Grecia è di circa 850 euro per ogni abitante della Germania e di circa 630 euro per ogni abitante d’Italia. Uno slittament­o delle scadenze di tre decenni implica probabilme­nte una riduzione di circa metà del credito in termini di valore netto attualizza­to. Per i contribuen­ti italiani equivarreb­be a una tassa «una tantum» di circa 300 euro, per i tedeschi di 400. Bisogna chiedere loro se sono disposti a pagarla per chiudere questa ferita una volta per tutte, a fronte dei benefici molto superiori garantiti dell’integrazio­ne europea; oppure se preferisco­no invece rischiare di perdere tutto per colpa di una frattura nell’area euro che si infetta.

Per parte propria, i greci sapranno quali sono i benefici e potranno mobilitars­i per raggiunger­li. Se non vogliono, sapranno anche qual è l’alternativ­a: il divorzio.

Fin qui la soluzione possibile in assenza di gravità politica. La politica però non si fa mai in assenza di forza di gravita, cioè vincoli e pressioni, e nel mondo reale tutto è diverso. I greci

La sfida reale Nel prossimo mese è necessario disegnare un percorso che non si perda ancora una volta nella foresta del debito e della recessione

preferisco­no incolpare dei propri mali chiunque fuorché se stessi. E in Germania prevale una versione dei fatti che dimentica il ruolo delle stesse banche tedesche, prima della crisi, nell’alimentare la bolla del credito in Grecia e nel resto dell’Europa del Sud. Forti di questa dimentican­za, molti tedeschi ora rifiutano l’evidenza: buona parte dei prestiti ad Atene sono sempliceme­nte irrecupera­bili.

Da entrambi i lati queste rimozioni strategich­e di parte della realtà nel tempo si sono cronicizza­te, perché molti politici hanno capito che generano consenso elettorale. Ne deriva la paralisi delle riforme in Grecia, da un lato; e dall’altro l’imposizion­e di un programma punitivo di tasse su tasse, che in un Paese in stato avanzato di depression­e può solo creare altri danni e poi naufragare.

Nel prossimo mese la sfida per i creditori e per i debitori è tutta qui: raccontare una completa verità ai cittadini europei e quindi disegnare un percorso che non si perda ancora una volta nella foresta del debito e della recessione. Magari, con tutto il sangue freddo di cui dispone, è un compito alla portata di Angela Merkel.

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