QUELLO SCAMBIO CHE METTE D’ACCORDO GRECIA E GERMANIA
Soluzione strategica Atene fa riforme davvero radicali Le scadenze di rimborso agli altri governi si possono rimandare Il costo per ogni tedesco sarebbe di 400 euro
Dopo cinque anni di tentativi falliti per la Grecia, potrebbe essere l’ora di tentare un esperimento. Fingiamo per un attimo di vivere in totale assenza di gravità politica, cioè di tutti quei vincoli e timori che frenano i governi preoccupati di non dispiacere troppo ai loro elettori.
Forse a quel punto una soluzione razionale si presenterebbe sotto forma di uno scambio, sottoscritto da tutti con piena consapevolezza.
Il patto funzionerebbe così. L’opinione pubblica e le élite di Atene accettano un certo numero di novità. La giustizia civile inizia a funzionare come in gran parte degli altri Paesi europei. La giustizia penale colpisce duramente la corruzione e l’estorsione a tutti i livelli, e chi denuncia con prove o indizi gravi potrà contare sulla tutela e il sostegno dello Stato. L’età della pensione viene allineata a quella dell’Italia o della Germania. L’amministrazione inizia a lavorare per i cittadini, accettando che il suo rendimento sia pubblicamente misurato e le nomine di rilievo si facciano in base alle qualifiche e non alle fedeltà di partito. La lotta all’evasione diventa un obiettivo fondamentale dello Stato, perseguito senza arbitrarietà ma anche senza sconti. Gli oligopoli e i monopoli nelle mani di pochi amici degli amici vengono smantellati, in modo che chi è più bravo possa trovare spazio e prosperare. I presidi delle università smettono di essere eletti da studenti, bidelli, funzionari e colleghi professori, sulla base di promesse di distribuire rendite e prebende a tutti; da ora in poi, saranno tenuti a rendere conto dei risultati dell’ateneo. E i direttori regionali dell’istruzione non sono più fedelissimi di partito, ma manager pubblici che si sottopongono a una valutazione di tipo internazionale sui punteggi scolastici degli studenti. Quanto alle tasse, non si aumentano più: la Grecia è già esausta così.
A questo punto non è difficile immaginare il lato europeo dello scambio. I creditori dicono subito con chiarezza alla Grecia che se fra uno, due, o tre anni, avrà realizzato questo programma, seguiranno conseguenze positive. Certe e misurabili.
La prima è un piano di ricostruzione come quelli che l’Europa ha già dimostrato di saper sviluppare, anche a proprio vantaggio, nei Paesi dell’ex patto di Varsavia.
La seconda conseguenza riguarda invece il debito greco: le scadenze di rimborso ai governi o al fondo salvataggi sono spostate in avanti di trent’anni ai tassi attuali, o più bassi. Di questo (ipotetico) esercizio di trasparenza farebbe parte una spiegazione ai cittadini riguardo ai costi: oggi l’esposizione verso la Grecia è di circa 850 euro per ogni abitante della Germania e di circa 630 euro per ogni abitante d’Italia. Uno slittamento delle scadenze di tre decenni implica probabilmente una riduzione di circa metà del credito in termini di valore netto attualizzato. Per i contribuenti italiani equivarrebbe a una tassa «una tantum» di circa 300 euro, per i tedeschi di 400. Bisogna chiedere loro se sono disposti a pagarla per chiudere questa ferita una volta per tutte, a fronte dei benefici molto superiori garantiti dell’integrazione europea; oppure se preferiscono invece rischiare di perdere tutto per colpa di una frattura nell’area euro che si infetta.
Per parte propria, i greci sapranno quali sono i benefici e potranno mobilitarsi per raggiungerli. Se non vogliono, sapranno anche qual è l’alternativa: il divorzio.
Fin qui la soluzione possibile in assenza di gravità politica. La politica però non si fa mai in assenza di forza di gravita, cioè vincoli e pressioni, e nel mondo reale tutto è diverso. I greci
La sfida reale Nel prossimo mese è necessario disegnare un percorso che non si perda ancora una volta nella foresta del debito e della recessione
preferiscono incolpare dei propri mali chiunque fuorché se stessi. E in Germania prevale una versione dei fatti che dimentica il ruolo delle stesse banche tedesche, prima della crisi, nell’alimentare la bolla del credito in Grecia e nel resto dell’Europa del Sud. Forti di questa dimenticanza, molti tedeschi ora rifiutano l’evidenza: buona parte dei prestiti ad Atene sono semplicemente irrecuperabili.
Da entrambi i lati queste rimozioni strategiche di parte della realtà nel tempo si sono cronicizzate, perché molti politici hanno capito che generano consenso elettorale. Ne deriva la paralisi delle riforme in Grecia, da un lato; e dall’altro l’imposizione di un programma punitivo di tasse su tasse, che in un Paese in stato avanzato di depressione può solo creare altri danni e poi naufragare.
Nel prossimo mese la sfida per i creditori e per i debitori è tutta qui: raccontare una completa verità ai cittadini europei e quindi disegnare un percorso che non si perda ancora una volta nella foresta del debito e della recessione. Magari, con tutto il sangue freddo di cui dispone, è un compito alla portata di Angela Merkel.