Nel regno di Froome II
Nibali buca e resta tagliato fuori dall’ultima battaglia, oggi si chiude con la passerella ai Campi Elisi Sulla salita dell’Alpe d’Huez, Quintana va ancora all’attacco ma il keniano bianco resiste e conquista il suo secondo Tour
ALPE D’HUEZ È quello che hanno sempre fatto, sulle salite delle Ande in Colombia o su quelle della Rift Valley in Kenia: rincorrere gli amici, la campanella della scuola, il sole che scende e si fa tardi. Dannatamente tardi. Sull’ultima cima del Tour, Nairo Quintana, il bambino invecchiato, attacca Chris Froome, al quale in effetti spunta qualche ruga di tensione sulla faccia da bravo scolaro: negli ultimi 7 chilometri dell’Alpe d’Huez il colombiano insegue il sogno di rovesciare lo scatolone giallo, agitato da migliaia di persone a bordo strada. Ma Froome resiste, aiutato dal gregario Poels e dall’amico Porte e limita i danni: dopo i 32’’ di venerdì il keniano bianco perde ancora 1’19’’ e vince il Tour con 1’12’’ di vantaggio su Quintana.
Dopo i brividi finali, il bicchiere di urina addosso, gli sputi, gli insulti e la vernice gettata ieri sull’ammiraglia, Froome arriva col sorriso, anche se quando indossa la maglia gialla si levano ancora dei fischi. Per il capitano di Sky, a 30 anni, arriva la seconda vittoria dopo quella del 2013, sempre davanti a Quintana. Sul podio dei Campi Elisi, accanto a due campioni venuti da molto lontano ci sarà, per la prima volta nella sua lunga carriera, Alejandro Valverde: il gioco di squadra con Quintana sull’Alpe premia la vecchia volpe spagnola, anche se la Movistar si sveglia troppo tardi sia per strappare la maglia gialla a Froome, che per togliere la tappa a Thibaut Pinot, il campioncino francese più tormentato, che conquista la cima più ambita e riscatta il suo Tour.
Vincenzo Nibali lo aveva fatto il giorno prima, con la lunga fuga solitaria verso La Toussuire. Ma non completa l’opera. Colpa soprattutto di una foratura ai piedi della salita finale, che costringe il siciliano a un inseguimento impossibile: la missione podio è incompiuta, ma per come si era messo il Tour, il quarto posto di Vincenzino, che arriva con Contador sull’Alpe e lo precede in classifica, è comunque un solido punto di ripartenza.
Solido e ben piantato. Come i paletti che Froome ritrova sull’ultima salita: in quella precedente — terzo passaggio in tre giorni sulla Croix de Fer perché il Galibier è inaccessibile a causa di una frana — la maglia gialla viene messa a nudo, dagli attacchi di Contador, Quintana e Nibali e si deve arrangiare da solo. Il tratto di pianura tra le due salite ricompone la frattura e Froomey ritrova i suoi gregari. Quintana prova a vedere che effetto fa toccare il cielo del Tour con un dito. Ma questo è Sky, uno schermo che illude il colombiano e lo respinge: «Non ho rimpianti — dice Nairo — se non quello di aver perso il Tour nella prima settimana. E comunque arrivare secondi non è così male». Froome gli rende omaggio, anche se i due non sono amiconi: «È stata la salita più sofferta della mia vita — sbuffa Chris — non stavo benissimo e a un certo momento ho avuto paura di non farcela. Ma quando ho capito di aver vinto è stata un’emozione grandissima». Non è la prima, potrebbe non essere l’ultima.