Nibali, il peso delle feste e dell’Astana
Vincenzo: «Il futuro? Ora penso alla Vuelta, poi faremo progetti»
ALPE D’HUEZ Voilà Nibalì. Taglia il traguardo, rifiata, si cambia nel bagagliaio di un furgone della tv: i ciclisti sono tipi adattabili. La rincorsa al podio del Tour non è riuscita. Gli alibi tecnici non mancano, ma lui non li invoca: «A inizio salita ho infilato la ruota in una fessura dell’asfalto e tagliato la gomma. Quando ho cambiato bici è iniziata la bagarre. Sfortuna? No, ciclismo. È stata una rincorsa: sono arrivato nella scia di Froome ma poi ho dovuto proseguire a un ritmo più tranquillo. Avessimo cominciato l’Alpe assieme, sarei arrivato con lui. Più forte no, non credo».
Il quinto Tour di Vincenzo Nibali finisce ai piedi del podio: quarto a 8’36”. Metà del ritardo l’ha accumulato sulla prima salita pirenaica, il resto tra il vento della Zelanda e un paio di «muri» dove gli sono mancati, nell’ordine, i riflessi, la squadra, le gambe. La bastonata dei Pirenei l’ha paradossalmente rimesso in careggiata. «Mi ha tolto il peso enorme che ho addosso da quando sono sceso dal podio del 2014. Mi sentivo osservato, atteso al varco. A un certo punto è diventato un incubo».
Nibali lo stress l’ha sempre gestito facilmente, senza bisogno degli strizzacervelli che supportano Sky. «Hanno pesato le feste, le attenzioni che giustamente devo a mia figlia, la responsabilità. I casini dell’inverno? Anche loro». I casini: licenza ad Astana revocata, assegnata, sospesa, confermata. Due kazaki dopati, il manager Vinokourov sempre discusso. «Capirei le accuse dirette, ma mi chiedono di fatti e persone che non conosco». Poi Vinokourov, il boss kazako. Paga bene (Vincenzo guadagna 4 milioni a stagione) ma chiede tanto e non solo sul fronte agonistico. Ecco i viaggi-processione nella remota Astana per omaggiare politici locali, la rinuncia all’amato Giro di Lombardia per partecipare all’insignificante giro di Alma Ata. Alla domanda sul suo potere discrezionale in termini di scelta dei compagni e delle corse, Nibali risponde secco: «Zero». Dispone Vinokoruov, insomma. Poi la squadra.
Non tutto è andato liscio, negli ultimi mesi. Abituato a crearsi il suo nucleo di comfort, Vincenzo ha avuto qualche incomprensione con i compagni: il fronte italiano sembra più vicino a Fabio Aru. E adesso? «Adesso si ricomincia? Una settimana di vacanze, poi la Vuelta. Poi comincerò a ragionare con la mente più libera. Parleremo, faremo progetti».