Corriere della Sera

Quanto studia Vettel il secchione: ottiene il massimo

A Budapest il ferrarista è terzo dietro l’astronave Mercedes di Hamilton e Rosberg

- DAL NOSTRO INVIATO Daniele Sparisci

divisi solo dal fotofinish. Tra loro e Matteo appena 2 secondi e 4 decimi. Nulla, ma qui va così: i primi dieci stanno in 7 secondi, la differenza tra sorridere e rimpianger­e è sottile e per un attimo Matteo quasi si lamenta: «Potevo fare meglio, ma sono andato fuori rotta e mi sono stancato troppo per recuperare». Sì, d’accordo, però eri dodicesimo a metà gara e la tua carriera nel fondo è appena cominciata...

È rimasto a fare i «compiti» in garage fino a tarda notte per lavorare sulla macchina. Doveva cancellare il venerdì nero in cui la Ferrari si è afflosciat­a al sole ungherese. Sebastian il «secchione» ha studiato e sudato con la squadra: la terza piazza dalla quale parte oggi deriva da una dedizione maniacale e da un ultimo giro dei suoi, da fuoriclass­e. A pochi secondi dallo scadere realizza il record di settore ed è vicinissim­o a Rosberg, mentre alle spalle rispunta il sorriso di Ricciardo. Hamilton, uno di un altro pianeta che guida un’astronave, conquista la nona pole su dieci con mezzo secondo di scarto sul compagno Nico. A parità di macchina è una botta tremenda. È sincero e contento Vettel quando dice che ha ottenuto il massimo. La Ferrari ha patito l’Hungarorin­g, dove più del motore conta l’aerodinami­ca. Conosce bene quel genio di Adrian Newey, più che ad attaccare le Mercedes dovrà pensare a difendersi: «Mi aspetto una bella lotta con quelli dietro: Williams ma soprattutt­o Red Bull. Sono cresciuti tanto».

Insomma, il duello con Ricciardo già promette scintille: l’anno scorso l’australian­o l’ha messo al tappeto quasi sempre, ma adesso è un’altra storia. Seb in Ungheria però non ha mai «Sì però se fossi rimasto più nascosto avrei avuto più chance nel finale. Col senno di poi, nessun traguardo mi sarebbe stato precluso anche se alla vigilia non immaginavo di poter salire sul podio».

Forse la sottile delusione è un buon segno per il futuro di questo 26enne di San Vito al Tagliament­o che vive a Padova, ama la moto («Con papà e mia sorella ne abbiamo tre, magari ora me ne regalo un’altra...») e si racconta come uno nato pigro che ci ha messo un po’ a scoprire l’importanza del lavoro: « Da bambino giocavo a basket, ma non mi andava di rincorrere la palla. Poi sono passato al nuoto attirato dai successi di Rosolino, Fioravanti, Brembilla, ma anche lì ero svogliato. Facevo i 1500 stile libero, poi quando sono emersi Detti e Paltrinier­i, per me il più forte del mondo, ho capito che non avevo chance».

Qui il pigro ha avuto il guizzo e, per contrappas­so, ha scelto di faticare ancora di più, tirando fuori il caimano nascosto in lui: «Ho provato il fondo, mi è piaciuto molto e mi ha dato una svegliata. Da allora prendo tutto più sul serio». Ed è stato un crescendo: 8° nella 10 km agli Europei 2012, 5° a quelli del 2015, argento alle recenti Universiad­i. Se la pigrizia non tornerà a trovarlo, Kazan è una partenza, non un arrivo.

Anche la storia di Cagnotto & Dallapé è fatta di dettagli decisivi. Tania la racconta così: «Serviva solo un po’ più di pulizia nei tuffi». Invece la giornata è nata male. Già in mattinata le esecuzioni erano imperfette, la finale del pomeriggio è stata ad alti e bassi, «la sostituzio­ne del trampolino due giorni prima della gara ci ha procurato altro stress». Così alle ragazze d’argento di Barcellona 2013 è rimasto solo un quinto posto a 2 punti dalle australian­e, terze, mentre cinesi e canadesi stavano un piano sopra.

«Due punti è pochissimo ma il sincro è così», sospira Tania. vinto. Perché? Risposta alla Vujadin Boskov: «Perché non ho mai tagliato il traguardo prima degli altri». Al di là delle battute, il recupero ha dato un po’ di morale al Cavallino. Raikkonen è stato visto abbracciar­si con Maurizio Arrivabene. Il finlandese continua a soffrire le qualifiche, il 5° tempo — parole sue — «non è l’ ideale ma nemmeno un disastro».

Intanto nelle stanze dei bottoni è tempo di riunioni, accordi e guerre commercial­i. La Renault alle prese con i flop imbarazzan­ti dei suoi motori sta decidendo se continuare in F1. Vuole un team tutto suo e ha presentato un’offerta per rilevare la Lotus zeppa di debiti — venerdì il team inglese è rimasto per mezz’ora senza gomme: non le aveva pagate — ma gli attuali proprietar­i hanno chiesto di mantenere una quota della scuderia. Opzione che a Parigi non vogliono sentire.

C’è poi la battaglia fra Pirelli e Michelin per aggiudicar­si la fornitura degli pneumatici dal 2017: i francesi premono per i cerchi da 18 pollici e per meno pit-stop. L’azienda milanese ha trovato un alleato in Chris Horner, capo della Red Bull: «Non credo che questa soluzione aggiunga spettacolo ai Gp, bisogna andare nella direzione opposta che stiamo già cercando».

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