Corriere della Sera

La seconda vita di Manu Chao

Il cantautore fa ballare anche i ragazzi «Preferisco le lotte di quartiere Non credo nelle grandi rivoluzion­i»

- DAL NOSTRO INVIATO Stefano Landi

Il mare all’orizzonte e un’onda di ragazzi che spinge la sabbia fin sul palco. «Pazza Sicilia» carica Manu Chao, dando il via a due ore e mezzo di centrifuga in cui il pubblico è un vortice di giovanissi­mi. Offuscati dal rodeo di questa sua seconda vita, c’è anche la generazion­e che lo aveva scoperto al G8 a Genova nel 2001, quando senza offrire la sua candidatur­a fu eletto portavoce planetario del movimento no global.

Benvenuti al Sud. Manu, come chiunque lo chiama a ogni latitudine, è tornato in Italia per un viaggio in cinque tappe in luoghi dove la musica internazio­nale faceva fatica a sbarcare. Dopo aver fatto ballare 40 mila persone a Monza a metà giugno, ecco la spiaggia di Catania, poi il raduno sulla Sila tra pecore e mufloni, (domani) il porto di Molfetta, poi Cagliari e la chiusura del tour europeo nel parco archeologi­co di Vulci. Concerti a chilometro zero, per andare incontro alla gente del posto. Ogni concerto è una festa. «Sempre sold out, senza nessuna promozione: succede ed è bellissimo» racconta. E succede nonostante non faccia un disco da otto anni.

Dai tempi di Genova quasi tutto è cambiato: Bush non c’è più, anche se sopravvive in qualche visual sullo schermo del concerto. Manu usa Facebook come tazebao sociale, per piccole battaglie locali. «Le uniche che hanno ancora senso. A livello assoluto vedo grande confusione: la cattiva distribuzi­one dei soldi ha fatto danni, ma a livello di quartiere tutto si compensa. Non credo nelle rivoluzion­i, preferisco piccole conquiste» spiega infilandos­i occhialini da vista e con qualche ricciolo bianco in più, mentre chatta su Skype con la fidanzata greca. Gli ideali non invecchian­o, ma il cantante franco-spagnolo ha messo altri nemici nel microfono. Per esempio la multinazio­nale Monsanto che vuole imporre gli Ogm in America Latina. In primavera ha suonato nella giungla in Colombia per tutelare la conservazi­one della foresta Amazzonica. «In un mondo difficile, la mia energia può aiutare la gente a trovare coraggio, partendo dalle piccole cose». Tornando alla terra. «Alla convivenza col vicino, nel mio quartiere coltiviamo l’orto» racconta mentre mangia pomodori siciliani come fossero caviale.

La sua chitarra acustica inseparabi­le, apparecchi­ata anche a tavola. In Italia è arrivato dospagnolo, po i concerti in Grecia. Ad Atene ultimament­e va spesso. Era lì a sostenere il «No» nei giorni del referendum. «Oki» l’ha pure tatuato sulla chitarra. «Perché Bruxelles ha paura di un’Europa diversa». Ai concerti la gente lo vuole incontrare come fosse un politico. Lui prima di metterci la faccia vuole capire. Si fa raccontare le storie, non importa in che lingua. Tanto parla inglese, francese, sprazzi di italiano e portoghese soprattutt­o con il figlio brasiliano che ora vive a Fortaleza.

La prima cosa che colpisce è il buon umore che Manu infonde a chi lo circonda. Non saluta: abbraccia. Le prove prima del concerto le fa in infradito mangiando crema di caffè. Anche sul bus che porta la band verso il palco si suonano e cantano canzoni dei Beatles. Come fosse una gita scolastica: un’allegria diffusa, nonostante il bassista si sia fratturato tibia e perone due settimane fa. Chiunque avrebbe sospeso il tour: Jean Michel invece si è infilato il gesso e ha detto che non vedeva un motivo per tornare a casa.

A 54 anni, Manu butta sul palco la stessa energia di quand’era Coraggio In un mondo difficile la mia energia può aiutare la gente a trovare coraggio ragazzino: si può pure permettere un paio di sigarette prima di rientrare per gli ultimi bis. Rimbalza sul palco come una pallina. Nonostante lo stiramento al polpaccio e la faccia rassegnata della fisioterap­ista due ore prima del concerto.

In tour sta a dieta: solo qualche birretta dopo lo show. «La mia unica palestra sono le prime date del tour. Il problema è quando ti fermi senza suonare. Crolla l’adrenalina, c’è chi va in depression­e». Dopo l’Italia, Manu tornerà a casa, a Barcellona dove vive nel Poble Nou, quartiere in espansione di movida. Dove suona per strada per aiutare gli immigrati sotto sgombero e gioca a pallone tre volte la settimana con la gente comune, in particolar­e bambini. Un po’ come piaceva fare a Bob Marley. Perché, come canta ne «La Vida Tombola», «il mondo è una palla» e adesso vorrebbe poter essere Maradona, per dribblare quelli che non hanno capito che un altro mondo è possibile.

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A.Leone) e i suoi piedi in un salto
(foto A.Romeo) 54 anni Manu Chao. In alto a sinistra, il nemico Bush nel video del concerto a Monza (foto A.Leone) e i suoi piedi in un salto
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