Corriere della Sera

Moschee a Milano, l’asta diventa un caso

Ai gruppi islamici tutti e 3 i lotti per i luoghi di culto, uno deve ritirarsi. Polemiche e proteste

- Di Alessandra Coppola e Gianni Santucci

Un Albo delle religioni e un bando per la costruzion­e di luoghi di culto su tre aree pubbliche. È la strada scelta da Milano. Due moschee al massimo, era stabilito all’avvio della gara. Ma a buste aperte, vincono tre associazio­ni islamiche. Quella con punteggio inferiore dovrà cedere il passo ai secondi classifica­ti evangelici. E scatta la protesta: se è così dovremo tornare in viale Jenner.

È la via «ambrosiana» alla moschea, un Albo delle religioni e un bando per la costruzion­e di luoghi di culto su tre aree pubbliche. Ma non è ancora chiaro se possa funzionare come modello per il resto d’Italia. «Un’innovazion­e assoluta», sottolinea l’assessore Pierfrance­sco Majorino. Ma irta di incognite.

Due moschee al massimo, era stabilito all’avvio della gara (non più di due spazi per ogni confession­e). Ma all’apertura delle buste con le offerte economiche, ieri mattina, in cima alle graduatori­e provvisori­e per l’assegnazio­ne dei tre lotti ci sono tre associazio­ni islamiche. Una di queste, con un punteggio inferiore alle altre, dovrà cedere il passo ai secondi classifica­ti evangelici.

È il primo nodo. Ma ce n’è subito un secondo: la sigla bangladese che ha avuto la meglio nella gara per la ristruttur­azione di antichi bagni pubblici fascisti ha un contenzios­o aperto con il Comune (per un sottoscala adibito abusivamen­te a luogo di preghiera, è la contestazi­one). Saranno esclusi dalla graduatori­a a vantaggio della Casa della Cultura di via Padova?

Terzo lotto, terzo problema. Se questo percorso amministra­tivo era stato creato faticosame­nte, negli anni, per «chiudere gli scantinati», come ha ribadito più volte l’amministra­zione; se uno degli obiettivi apertament­e dichiarati in quest’opera di «emersione» era l’Istituto di viale Jenner; ecco, l’area dell’ex Palasharp dove attualment­e in un tendone pregano i fedeli di quel centro è andata a un altro gruppo, che fa riferiment­o al Caim, il Coordiname­nto delle associazio­ni islamiche di Milano.

Dunque, «viale Jenner torna come dieci anni fa», riflette il presidente dell’Istituto, Abdel Hamid Shaari, con le immagini di centinaia di musulmani inginocchi­ati sui marciapied­i perché gli spazi adibiti a moschea ufficiosa sono troppo stretti. «Adesso si torna indietro — continua —, consideran­do che in questi anni ci sono state 52 preghiere del venerdì all’anno, e i 30 giorni del Ramadan...». Il rischio è che si ricominci a pregare in strada.

Majorino sottolinea il buono che c’è nel progetto vincitore, firmato dall’archistar Italo Rota: «Uno spazio comune di preghiera tra uomini e donne». Ma non ignora che il Caim sconta in consiglio comunale molte «antipatie», accuse di scarsa trasparenz­a. E il risultato del bando dovrà passare in aula per il cambio di destinazio­ne d’uso delle aree. In più, la prefettura sarà investita di un’istruttori­a finale perché in stagione di terrorismo islamico, è ancora la linea del Comune, non bisogna tralasciar­e nessun tipo di controllo.

A partire dalle verifiche sulla provenienz­a dei finanziame­nti. È un fatto che il Caim (che raggruppa più associazio­ni a Milano, compresi i bangladesi e fino all’anno scorso anche l’Istituto di viale Jenner) mostri una capacità di organizzaz­ione e di raccolta fondi superiore agli altri. «Rispettiam­o tutte le norme italiane sulla tracciabil­ità e la trasparenz­a», ripete il portavoce, Davide Piccardo, perché dagli ex soci o dalla comunità ebraica o dall’opposizion­e di centrodest­ra in Comune è un fuoco costante di sospetti.

Del progetto firmato da Italo Rota si sa che è ispirato alle moschee delle origini, che sarà poco simile alle immagini consuete di cupole e minareti, che sarà al contrario molto verde e arioso, costruito a partire dal confronto con l’associazio­ne milanese di donne musulmane.

Si sa anche, però, che non costerà meno di dieci milioni, che tengono conto anche dell’abbattimen­to della vecchia tensostrut­tura e del ripristino dell’adiacente giardino. Sulla provenienz­a dei soldi, quasi la metà verrebbero da enti pubblici

Il progetto Diverse incognite ma l’assessore Majorino difende l’iniziativa: innovazion­e assoluta

e fondazioni private anche dall’estero. Dal Qatar, dal Kuwait e dalla Turchia, in particolar­e. Per il resto sarebbero raccolti tra organizzaz­ioni sul territorio, qualche privato più pesante. Dal punto di vista del bando, qualunque sia la valutazion­e politica, sono carte in regola.

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Sul marciapied­e Centinaia di fedeli pregavano in strada, il venerdì, prima dell’ipotesi di realizzare una moschea
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