Corriere della Sera

ASCOLTARE I CITTADINI NON LE LOBBY

Il governo non sa dire no ai gruppi di interesse Dalle misure prezzi più bassi e meno rendite

- di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi

La Legge sulla concorrenz­a prevede che ogni anno il governo, sulla base delle segnalazio­ni ricevute dall’Autorità Antitrust, predispong­a un disegno di legge per il mercato e la concorrenz­a. Ad esso il governo deve allegare l’elenco dei provvedime­nti segnalati dall’Antitrust, indicando quelli che non ha ritenuto opportuno far suoi. Dal 2009, anno in cui fu introdotta la Legge sulla concorrenz­a, il governo Renzi è il primo ad adempiervi. Il 20 febbraio scorso ha infatti varato un disegno di legge che da allora è in discussion­e in Parlamento, nelle commission­i Finanze e Attività produttive della Camera. Come c’era da aspettarsi, cinque mesi di discussion­e parlamenta­re hanno consentito a tutti coloro cui il disegno di legge toglieva un po’ di rendita di organizzar­si per evitarlo. In molti ci sono riusciti. Un’audizione dopo l’altra, una pressione di questa o quella lobby dopo l’altra, ben poco è rimasto. Ad una legge già timida è stato tolto quasi tutto.

Si era partiti male. Dal Consiglio dei ministri di febbraio era uscito un testo incompleto, dal quale erano state stralciate alcune liberalizz­azioni che invece il ministero per lo sviluppo economico (Mise) aveva incluso nella prima stesura del provvedime­nto. Per esempio, dalle liberalizz­azioni erano state escluse le aziende pubbliche locali, noto feudo dei partiti. Un caso emblematic­o (come già notavamo in un articolo del 1° marzo) è quello delle Autorità portuali.

Il Mise aveva chiesto che venisse loro vietato di essere al tempo stesso regolatori dei servizi offerti al porto e fornitori dei servizi stessi: infatti nessun privato farà concorrenz­a a un’azienda che è posseduta da chi ne fissa le regole. La norma fu cancellata. Idem per l’obbligo di effettuare accreditam­enti periodici delle strutture sanitarie private in modo tale da evitare il consolidar­si di monopoli di fatto. Stralciata anche la liberalizz­azione dei medicinali di fascia C (quelli utilizzati per patologie di «lieve entità»): i farmacisti manterrann­o quindi mantenere il monopolio sulle vendite di medicinali che potrebbero tranquilla­mente essere acquistati nei supermerca­ti a prezzi inferiori. Stralciata anche la rimozione dell’obbligo per gli autisti Ncc (noleggio con conducente) di ritornare in rimessa tra una chiamata e l’altra, una norma che avrebbe aperto il mercato a servizi quali Uber – un’azienda che rappresent­a il futuro del trasporto urbano, migliorand­o i servizi e riducendon­e i costi, e che sta crescendo a valanga nel mondo. È sintomatic­o che in India (non negli Stati Uniti!) sia in atto una battaglia non sulla regolament­azione di questi servizi ma fra due società private che si contendono il nuovo mercato. Di fronte a questa innovazion­e noi cosa facciamo? Le impediamo di nascere.

Il Parlamento non solo non ha reintrodot­to queste norme, ne ha cancellate altre. Su pressione dei carrozzier­i ha eliminato alcuni articoli sui risarcimen­ti dell’Rc auto, scritte per rendere più difficili le frodi. Su pressione dei sindacati ha eliminato la liberalizz­azione dei fondi pensione, che prevedeva la piena portabilit­à non solo dei contributi a carico dei lavoratori ma anche di quelli a carico del datore di lavoro (una norma che elimina uil monopolio dei sindacati osteggiata nella gestione dei fondi pensione, una delle loto attività più importanti).

La norma che consentiva di non ricorrere ad un notaio per trasferime­nti di immobili di valore inferiore ai 100mila euro è stata barattata con un aumento da 7mila a 10mila del numero dei notai. Un compromess­o realistico — che probabilme­nte salva l’affidabili­tà dei registri catastali, ma che è accettabil­e solo se il numero dei notai aumenterà davvero. Già il governo Monti aveva deliberato, nel 2012, un aumento di 1.500 unità, ma i concorsi per quei nuovi notai non si sono ancora svolti. Colpa del ministro dell’Interno che non fa i concorsi, di quei notai, che però sono ben contenti se quei concorsi non si fanno.

La concorrenz­a non è un concetto astratto, che affascina gli economisti per deformazio­ne profession­ale. Piu concorrenz­a significa prezzi piu bassi, meno rendite per i monopolist­i e quindi benefici per i consumator­i. Ricordate quando c’era il monopolio delle linee aeree nazionali? I voli all’interno dell’Europa (per non parlare di quelli extraeurop­ei) erano di fatto riservati ai ricchi. Oggi, dopo la liberalizz­azione, i nostri figli visitano l’Europa (e il mondo) a prezzi con cui noi da Milano visitavamo al massimo la Lombardia. O i tempi del monopolio sulla telefonia, quando ci volevano sei mesi per installare una linea e le telefonate all’estero andavano centellina­te perché costavano moltissimo? Anche con il grande progresso tecnologic­o avvenuto nel campo della telefonia le cose non sarebbero cambiate di molto se fosse sopravviss­uto il monopolio. Oggi invece, grazie alla privatizza­zione di Telecom e ai molti operatori nati per effetto della concorrenz­a, possiamo telefonare a prezzi stracciati ai nostri figli che girano il mondo con le tariffe aeree low cost e usano Uber (all’estero).

Il governo non sembra capire l’importanza della concorrenz­a. O meglio, forse la capisce ma non sa dire di no alle lobby che di concorrenz­a non vogliono sentir parlare. Infatti, prima stralcia provvedime­nti importanti che un suo ministro aveva proposto, poi lascia che il Parlamento faccia il resto. Matteo Renzi dovrebbe chiudere la discussion­e con un emendament­o che reintroduc­a le norme stralciate e blocchi ulteriori interventi in Parlamento che altro non fanno se non assecondar­e i diktat delle lobby. Inoltre, dato che una legge sulla concorrenz­a va fatta ogni anno, sarebbe opportuno che il governo si impegnasse fin da oggi a presentare la Legge sulla concorrenz­a del 2016 e, in quell’occasione, a rivedere tutte le manchevole­zze di quella oggi in discussion­e.

Nuove tecnologie, nuove idee, nuovi mercati nascono con sempre maggiore frequenza: è importante che vari monopolist­i non se ne approprino in modo indebito. La prossima legge sulla concorrenz­a dovrebbe introdurre un «diritto a innovare»: imprese che aprono nuovi mercati non possono nascere se debbono soggiacere a norme scritte prima che quei mercati esistesser­o. Il governo potrebbe prendere esempio dalla California, il luogo in cui c’è più innovazion­e al mondo. Quando si apre un nuovo mercato, o viene introdotta una nuova tecnologia, le autorità della California ridisegnan­o la regolament­azione insieme alle nuove imprese, bilanciand­o i vantaggi dell’innovazion­e con la tutela dei cittadini.

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