Corriere della Sera

Battaglia sui nomi per la Rai, oggi si vota Campo Dall’Orto verso la poltrona di dg

Salgono le quotazioni di Bernabè per la presidenza. I Cinque Stelle puntano su Freccero in cda

- Lorenzo Salvia

L’unico punto fermo riguarda la casella più importante. Salvo sorprese dell’ultima ora — sempre possibili, come insegna la storia di quel romanzo d’appendice chiamato nomine Rai — sulla poltrona di direttore generale della television­e pubblica dovrebbe sedersi Antonio Campo Dall’Orto, fondatore di Mtv. Tutti gli altri nomi — a poche ore dalla prima seduta della Vigilanza chiamata a votare il nuovo consiglio d’amministra­zione — continuano a ballare. Anche se per la presidenza viene dato in crescita il nome di Franco Bernabè. Alcuni punti fermi ci sono, però.

Il Movimento 5 Stelle ha sciolto la riserva e, dopo aver preso la guida della stessa commission­e di Vigilanza, ha deciso di entrare anche nella stanza dei bottoni di Viale Mazzini. La loro lista comprende cinque persone, fino a ieri sera c’era ancora Milena Gabanelli (che ha declinato). Al primo posto, e con grande distacco sugli inseguitor­i, c’è l’ex direttore di Rai2 e autore televisivo Carlo Freccero. A seguire ci sono Stefano Rodotà, che sembrava scartato i membri del cda della Rai che verranno nominati oggi anni è la durata del mandato dei membri del cda di Viale Mazzini ma nelle ultime ore ha recuperato quota, il giornalist­a Riccardo Iacona e l’ex parlamenta­re per l’Italia dei valori Elio Lannutti, ora alla guida dell’associazio­ne dei consumator­i Adusbef. Forza Italia ha ripetuto il suo no all’ipotesi di Luisa Todini, che era già stata nel cda in quota azzurra ma adesso viene considerat­a vicina a Matteo Renzi. Il partito è orientato a sostenere Arturo Diaconale, giornalist­a, presidente del Parco nazionale del Gran Sasso. Ma non è da escludere la conferma di Antonio Pilati.

La galassia centrista potrebbe concentrar­e i suoi sforzi su Paolo Ruffini, l’ex direttore di Raitre che adesso guida Tv2000, la television­e della Cei, la Conferenza episcopale italiana. Per il Partito democratic­o continuano a girare diverse ipotesi. Come candidati graditi alla minoranza, è in rialzo il nome di Stefano Balassone, tra gli esperti consultati per la riforma del servizio pubblico. Ma resta in lizza anche quello di Sara Bentivegna, professore­ssa di Comunicazi­one politica all’Università La Sapienza di Roma. Sempre in quota pd nelle ultime ore si sono rafforzati due nomi che sarebbero due ritorni. Il primo è quello di Nino Rizzo Nervo, che conosce bene il mondo Rai sia come giornalist­a sia come componente del consiglio d’amministra­zione. E che potrebbe avere anche il ruolo di consiglier­e anziano, cioè guidare il cda fino all’elezione formale del suo nuovo presidente. Il secondo ritorno sarebbe quello di Giorgio Van Straten, anche lui già nel cda tra il 2009 e il 2012 e da sempre considerat­o molto vicino a Walter Veltroni. Ha appena cominciato il suo incarico di direttore dell’Istituto di cultura italiano di New York ma questo non sarebbe considerat­o un impediment­o. La riunione di ieri sera del Pd non ha consentito di chiudere il cerchio. Ma ha dovuto prendere atto del fatto che forse non sarà possibile garantire la parità di genere, cioè lo stesso numero di uomini e donne nel consiglio. Restano ancora in lizza tutte le ipotesi circolate negli ultimi giorni, da Giovanni Minoli a Marcello Sorgi fino a Giulio Anselmi. Tra autocandid­ature e nomi messi in circolo solo per essere bruciati la lista dei papabili, scherzano in queste ore a Viale Mazzini, coincide più o meno con l’elenco del telefono di Roma.

Ieri sera è anche circolata una lista di undici persone, tutti uomini, che salvo poche eccezioni non sembra avere molte probabilit­à di successo. Nell’elenco ci sono Roberto Amen, giornalist­a Rai, Sebastiano Roccaro, direttore dell’Istituto superiore di giornalism­o della Sicilia, e altri ancora come Leonardo Bianchi, Dario Galli e Giovanni Galoppi, oltre ai più noti Freccero e Minoli. Le uniche vere certezze arrivano da chi si chiama ufficialme­nte fuori: come Marco Follini, Andrea Purgatori. Come anche Bruno Vespa, che alla presidenza aveva già detto no nel 2001.

@lorenzosal­via

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